CLAUDIO CISCO ED IL SUO MODO DI SCRIVERE IN INTERNET

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ANGOLO DI PARADISO

 

 Vi è un angolo di paradiso

in casa mia,

uno spazio piccolo e definito

ma per me prezioso e vitale,

come squarcio di cielo

o gemma preziosa

custodita in segreto

nelle profondità più nascoste del cuore.

Ed è lì

che mi raccolgo in preghiera

ogni volta che sento il bisogno di farlo,

avvertento la presenza misteriosa di Dio

come anelito di speranza

riverbero di luce infinita.

Davanti alla statua del Cristo risorto

la mia anima acquista vita e si nutre di nuove forze

sospinta verso l’alto dal soffio di Dio

fino a sentirmi

in simbiosi con l’Eterno.

 

 

 LA VITA E L’AMORE

La vita umana,

perennemente sospesa tra mistero e fede,

sempre in bilico ed appesa ad un filo,

non è altro che una corsa inconsapevole verso la morte,

lungo un affascinante e doloroso percorso di crescita,

scandito da vivide emozioni e nebulose paure.

La zingara fortuna

ne condizionerà la sorte.

L’amore,

come infinite doglie che sperano in un parto,

altro non è che la continua ricerca di noi stessi nell’altro sesso,

adolescente desiderio d’una attesa senza fine

che non troverà mai

appagamento e realizzazione.

L’uomo come la donna,

nasce,cresce e muore solo.

 

 

                                   

LA FORZA DELLA PREGHIERA

Tanto tempo fa

qualcuno disse:

“Se non sarete puri come bambini

non entrerete nel regno dei cieli”.

Poi,

aggiunse di pregare

col cuore e con fede,

per ottenere qualunque cosa.

L’uomo,

da sempre lontano dal Creatore

con le mani giunte

per la prima volta iniziò a pregare.

Dopo pianse di gioia

e il mostro a tante teste

diventò un coleottero,

l’orco cattivo

si trasformò in un arcangelo bambino.

         

 

 

     DI NOTTE, IN UN CIMITERO DESERTO, MI 

     PARLA UNO GNOMO…  

 “Ascolta…

   solitario mortale fantasma,

   appaio solo ogni mille anni

   per volere del nulla,

   venendo da notti antiche.

   Prediligo i silenzi di luoghi insoliti

   e le solitudini di anime

   sconosciute a sè stesse.

   Ora anche tu sai

   che mille anni  

   sono come un batter di ciglia

     e in questa fugace notte

   tu sei per non essere mai più.”

 

 

 ALTI E BASSI

Nella pace di questa sera

attendo la tempesta.

 

UN PALLONCINO COLORATO

Ma chi sono veramente io?

Ha senso cercare di scoprire me stesso?

Inseguire uno spettro senz’anima?

Io troppo piccolo

tra tutta questa gente che popola la terra,

insignificante

rispetto alla grandezza dell’universo.

Un palloncino colorato

sfuggito di mano ad un bambino

che vola sempre più in alto

fino a sembrare un puntino lontano.

Poi

sparisco del tutto

privo d’identità

senza storia.

 

 

 IL GIARDINO INCANTATO

La bimba dagli occhi assonnati

e con indosso un pigiama bianco,

come sonnambula entra nel giardino incantato

e vede cose mai viste:

statue di cera ed animali parlanti

creature fiabesche e divertenti folletti.

Strane piante ora la spiano

alberi fioriti sussurrano la primavera.

Mille lucciole danzano a festa

bellissime fate muovono bacchette magiche a ritmo di musica

fanciulli fantasmi giocano a girotondo tenendosi per mano.

In fondo a quel giardino fatato

come fosse un regalo per lei

la bimba osserva stupita una vecchia sedia a dondolo.

Si siede felice

chiude i suoi occhietti

e ogni cosa scompare.

 

 

 

 DESIDERIO D’INCONTRARTI

Non ho mai conosciuto amore alcuno

in quest’orrido deserto della mia esistenza.

Solo miraggi inconsistenti e sogni naufragati nel nulla.

Eppure il mio cuore mai domo

anela ancora a te mia sconosciuta compagna

brama il tuo amore come acqua nel deserto.

Se solo potessi trovarti finalmente!

regalarti tutti i miei scritti

accuratamente custoditi sin da bambino,

narrarti con foto e diari la mia storia

di personaggio fuori dal comune eternamente solo.

La mia smarrita anima bambina

ora contesa tra l’amore divino e quello terreno

reclama nel silenzio di un disperato grido senza voce

una sua realizzazione,

una meta da raggiungere,

sarebbe una rivincita

per i miei fallimenti.

Se solo mi rendessi conto

che tu non puoi esistere

per colpa del mio io troppo particolare,

forse me ne farei una ragione

rassegnandomi.

Soltanto Dio, se vuole, leggendo le nostre menti

può incrociare il tuo sentiero col mio,

annullando qualunque distanza

ogni segreto.

Nel desiderio d’incontrarti

che dura ormai da tutta una vita,

in un’età in cui forse non è più lecito sognare,

un po’ ridendo e un po’ piangendo

rimango ancora quell’adolescente

in attesa e primo amore.

 

 

          FARNETICAZIONE

 

Ho visto un topo inseguire un gatto

una formica spingere l’elefante

e una gazzella sbranare il leone.

Ho visto anche un nano alto

un bambino vecchio

ed il nero diventare bianco.

Ho visto poi tra fuochi di ghiaccio ed inverni estivi

ciechi vedenti e muti parlanti

lupo e agnello passeggiare insieme.

Ho visto infine il Messia

predicare nel sinedrio e nella sinagoga

di Gerusalemme.

Lo condannarono a morte

con una corona di uva rossa.

Ho raccontato ciò che ho visto

mi hanno internato in un manicomio.

 

 

 

EROS E MORTE

Eros e morte

camminano insieme,

l’uno a fianco dell’altro,

dall’origine dell’universo

sino all’eternità.

Non può esistere il sesso

senza l’incombente presenza della morte,

e non si può morire per sempre

se non si sparge prima su questa terra il seme dell’amore.

Ogni essere umano comincia a morire

da quando un orgasmo lo genera,

e conserva nella memoria d’una lapide

parte di quell’amore che non separa la vita dalla morte.

Non c’è maga Circe capace di convincere Ulisse

col dono dell’immortalità,

e non esiste spada di Damocle sul punto di crollare

che spaventi l’uomo

perchè quest’ultimo, bramoso d’avere tutto e subito,

ostinato e vanitoso,

innamorato di quel breve soffio che è la vita,

è pronto a sfidare persino gli dei primeggiando

pur di amare e morire,

respirando fino all’ultimo alito di vita,

sfruttando anche l’ultima goccia di sangue che arrivi al cuore.

Dinanzi a tanta meravigliosa presunzione di vitalità

anche l’Onnipotente resterebbe senza parole.

 

 

 

MADRE E FIGLIO

Perchè sei così sporco, figlio mio?

sembri il figlio di nessuno!

Ho fatto l’amore per la prima volta, madre!

con una grande signora.

Perchè l’hai fatto, figlio mio?

c’è il tempo giusto per ogni cosa.

Volevo farlo, madre!

non volevo avere rimpianti.

Ma sei impazzito, figlio mio!

hai imboccato una strada sbagliata.

Forse sto sbagliando, madre!

ma abbiamo sentito di farlo sulla terra e nel fango.

Tu hai perso il senno della ragione, figlio mio!

non ascolti più neanche tua madre.

Io ti voglio ancora bene, madre!

ma oggi ho scoperto di avere un’altra madre:

è questa terra che stringo nelle mani,

e l’aria che sto respirando,

e la natura, il mondo, l’universo

e tutto ciò che mi sta intorno.

E quando mi sentirò triste e solo,

mi arrotolerò con gioia nel fango,

soffierò felice sulla polvere delle mie mani,

bacerò i fiori dei campi

e mi laverò la faccia con l’acqua dei ruscelli.

Non ti capisco e non ti riconosco più, figlio mio!

ma come parli?

Io invece ora mi conosco bene, madre!

parlo col linguaggio dell’amore!

E darei tutto quel che ho

pur di trasmetterti la felicità che ho dentro.

 

 

 

IL MIO CORPO SUL TUO CORPO

Il mio corpo sul tuo corpo

si muove lentamente.

Il mio corpo sul tuo corpo

si dimena dolcemente.

Voglio scoprire il tuo segreto,

sprofondare nell’intima tua essenza

fino a esplodere in te violentemente

svuotando il mio liquido nel tuo nido inebriante.

Ora che sono in te

non puoi più nascondermi nulla,

ho svelato il tuo mistero di donna,

io ti possiedo, so tutto di te.

Prepotente,

sono entrato nella tua inesplorata caverna,

e nei tuoi umidi anfratti

sto scivolando.

Sono io il tuo corpo.

Sono io l’universo.

 

 

 

BIANCANEVE

Ragazzini eravamo forse bambini

una decina circa non di più

8-10-13 anni al massimo

queste le nostre età.

35 anni aveva lei se ben ricordo

Biancaneve la chiamavamo noi,

per cinquemila lire il pisellino ci toccava,

per dieci lo succhiava.

Infine per trentamila l’amore faceva

e sempre con uno per volta

mai tutti assieme

o più di uno.

Com’era bella Biancaneve nostra!

Com’era dolce e comprensiva!

Come ci sapeva fare!

Un dolce segreto era e nessuno di noi mai parlò.

Per caso l’ho rivista dopo 30 anni e forse più

appesantita, invecchiata, sfiorita, la nonna pareva

di quella Biancaneve conosciuta allora

ma un sussulto al cuore ho avuto lo stesso nel vederla:

“Biancaneve!”

d’istinto le ho detto senza volerlo;

“Prego?”

mi ha risposto stupita lei.

 

 

 

LE TUE MANI

Le tue mani morbide più della seta

sfiorano con dolcezza il mio pene,

lo accarezzano,

lo stringono,

lo muovono.

Chiudo gli occhi

mi concentro su quel delizioso piacere,

sospiro piano,

mi abbandono vinto,

abbraccio l’estasi.

Come un trovatello ragazzino

stretto fra le tue mani,

il mio membro si lascia andare,

cresce sempre più

nell’eccitante movimento d’un’altalena.

Il cuore ora sembra scoppiarmi in petto,

incontrollabile diviene il mio respiro,

esplode come neve bianca

il succo del mio piacere

splendido dono per le tue sapienti mani.

 

 

 

AMPLESSO

I nostri corpi che si scontrano

e si possiedono senza tregua.

Pelle bollente,

segnata,

battuta,

e il sangue che scorre dentro

impazzito.

Fluisco dentro di te

come un’onda inarrestabile

che mi porta a riva,

e poi

mi spinge di nuovo al largo.

Scopro limiti che mi fai superare

ancora prima che io me li ponga.

Non resisto perchè non voglio resistere.

Prima ti penetro la mente con la mente,

poi il sesso con il sesso.

Il tuo corpo apre la folle danza del piacere

e il mio puntuale risponde.

Penetro in te in profondità.

E’ come se io stesso entrassi in me,

scavando tra emozioni e desideri

che non conosco

e scopro ogni volta come fosse la prima.

Ti accarezzo

come un soffio di vento

e mi scuoto quando esplodo in te,

quando godo nella parte più intima del tuo corpo,

quando esce l’animale che ruggisce dentro di me.

E in quei momenti,

possiedo anche la parte più intima

della tua anima.

Ti faccio gemere, urlare, tremare, godere, venire.

Per me tu sei sempre

completamente nuda

anche quando sei vestita,

mai ho desiderato tanto conoscerti!

possederti!

amarti!

 

 

 

TI POSSIEDO

Ti guardo negli occhi fiore del male

e poi ti bacio tirandoti i capelli.

Ti mordo forte le labbra,

ti strattono, ti sgrido, infine ti faccio gemere.

Stringo la tua carne fra le mie mani,

ti spoglio fin dove voglio,

ti costringo in tutto e per tutto.

Ti colpisco forte e non smetto

neppure quando mi supplichi,

poi piego il tuo corpo sul tavolo

e ti espongo, ti offro, ti apro.

Ti insulto,

ti faccio promettere l’impossibile,

m’impongo e dispongo di te,

ti infilo dietro qualsiasi cosa,

la forzo sempre più dentro lasciandola lì come dolce tortura,

ti ficco il mio sesso in bocca fino a non farti respirare.

Poi ti alzo il volto e ti guardo,

ti penetro col mio membro

riempiendoti di me e di altro.

Ignorando le tue lacrime

ti sbatto violentemente,

ti uso,

ti possiedo.

Non puoi più pensare ora

e nemmeno agire: kamasutra dammi l’estasi!

Finalmente ti ho dominata,

mi appartieni,

sei totalmente mia.

 

 

 

 

LEGATO

E’ inquietante

questa corda nera

come l’atmosfera che respiro

attraverso la benda.

Mi preme sulla pelle

e mentre imprime strani disegni su di essa

sembra che il fuoco divoratore di cui è capace

mi trasformi ammaestrandomi con disciplina.

In preda a questo vizio perverso

che mi hai insegnato,

non so difendermi

nè voglio, mi lascio andare sconvolto nei sensi.

Questa corda mi appartiene,

i suoi fili intrecciati m’immobilizzano

iniettando nei miei occhi

sete di sfida.

Le parti del mio corpo vibrano

imprigionate in quella ragnatela di piacere,

risalta inconfondibile il desiderio

di abbandonarmi completamente a te.

Se non fosse stato creato il piacere sessuale

quanti peccati legati ad esso

non sarebbero stati commessi!

E’ perché è considerato peccato se piace così tanto?

Può il piacere sessuale essere anche piacere dell’anima?

 

 

STRANE SENSAZIONI

Strane sensazioni pervadono il corpo e la mente

mi attraversano, mi riempiono, mi lacerano, mi annientano:

la frusta, le corde, le catene

tutto mi consuma.

Attraversato, riempito, lacerato e infine annientato

e poi ancora sconfitto, umiliato, usato

in qualunque gesto, in ogni parte del corpo.

Quale grande capacità possiedi!

Quante infinite sensazioni mi regali!

Che potente nettare di piacere mi offri!

Strane sensazioni mi vincono

fino a divenire un tutt’uno di orgasmi

in una perfetta simbiosi.

 

 

 

IL MIO IMPERO

Sono entrato prepotentemente

nella tua anima fortificata.

Inesorabile ho abbattuto ogni tua difesa

e conquistato la tua nuda terra.

E ora

senza nessuna clemenza, nessun mistero

ciò che un tempo era soltanto tuo

adesso è anche mio.

Mi muovo espandendomi dentro te,

come fuoco che brucia appare il mio pene

forte quando divampa,

umiliato quando si spegne.

Ma anche tu sei crollata senza scampo,

nel tuo fragile corpo ormai

ho costruito il mio impero.

Arrenditi a me!

 

 

 

 

PAGLIACCIO BAMBINO

Tu sensuale, invitante, carnale

magica e perfetta nelle tue assurde follie di donna.

Gemiti appena sussurrati,

orgasmi urlati a squarciagola

ma sei sempre tu, tu e soltanto tu

dolce e glaciale, candida e perversa,

lucente angelo meravigliosamente diabolico.

Tu carne e cibo della mia mente,

pericoloso rifugio per la mia anima,

cavallone impazzito che travolge il mio mare di insicurezza.

Sento di essere un uomo

solo nell’istante in cui vengo in te,

poi torno e resto per sempre

pagliaccio bambino.

 

 

LA FINE DELLA MAGIA

Il mio respiro,

il suo.

Il mio battito,

il suo.

I respiri che si accordano

ritmici,

affannosi,

incalzanti,

ansimanti.

Il cuore

batte, batte, batte

tutto il petto batte,

pulsa in gola,

pulsa nell’anima.

I pensieri assumono lo stesso ritmo,

la stessa intensità,

si uniscono,

si esaltano.

Un crescendo folle e continuo:

vertigini,

ronzii,

la mente

che ha lasciato ogni controllo.

Le emozioni

sono padrone dei corpi.

Avvinghiarsi,

rotolarsi,

ubriacarsi,

urlare.

Secrezioni,

sudore,

saliva,

odori intensi.

Segnale della fine

o è solo l’inizio?

Silenzio…

assaporando la fine della magia.

 

 

 

SOLO UN ISTANTE

Il cuore che scoppia,

il respiro affannoso.

Esplodo finalmente

come unico rimedio

per non impazzire di piacere

ma è solo un istante!

La mente si svuota,

lentamente sento uscire

poco a poco ciò che è di lei.

Non sento più le mani, le gambe

non so più chi e dove sono:

odore, sudore, respiro

non sento più nulla!

non ho più un corpo,

mi sfugge l’anima.

E’ solo un istante,

poi mi sento leggero.

Una piuma che lieve

si culla tra le nuvole

in un cielo immenso

e mai si posa.

Rientro di colpo nella realtà

disteso sopra il suo corpo abbandonato:

ho soltanto amato!

 

 

 

FRA LE TUE COSCE

Ora che mi ritrovo fra le tue cosce

vorrei stare fermo per un istante:

donna di terra e di acqua

plasma la mia nella tua intensità!

invadi anche la mia mente!

prendi tutto del mio essere!

Io cane fedele d’ogni tuo desiderio

desisto nel non voler più il poeta in me

in questa sera di stelle senza tempo,

dove in una folle danza di erotismo

si perde persino il mio gemito

formica nella tua foresta di peli.

Donna che mi ami senza amore,

non è alba o tramonto,

non è estate o inverno

e non è nemmeno gioia o dolore:

è un fiore che germoglierà tra le tue cosce

donato insieme con te a questo mondo.

 

 

 

 

NETTARE DI TE

Col fuoco addosso

umida tana

non placa il rogo

che di te s’avvampa.

Dentro il tuo corpo

su quel sentiero

inseguo paradisi

a luci spente.

Nel tuo regno

frugo l’oscuro

cercando sensazioni

oltre il tempo.

Ti desidero

in quel possederti

gocce di sole vanno

oltre il cielo.

Esplorandoti

oscuro tunnel

dov’è racchiusa in te

luce di stelle.

Sabbie mobili

affondano nel clitoride

ma in quel cader mio

non cerco scampo.

Mappe d’estasi

sul tuo mare

disegnano le magie

dell’infinito.

Nettare di te

raccolgo le gocce

d’oscuri paradisi

fra i cespugli.

 

 

 

 

UN LAMPO NELL’OMBRA

Donna completa, mela carnale, luna calda

denso aroma d’alghe, fango e luce mischiati

quale oscura chiarezza s’apre tra le tue colonne?

Quale antica notte tocca l’uomo con i suoi sensi?

Ahi! amare è un viaggio con acqua e con stelle,

con aria soffocata e brusche tempeste di farina,

amare è un combattimento di lampi

fra due corpi da un solo miele sconfitti.

Bacio a bacio percorro il tuo piccolo infinito,

i tuoi margini, i tuoi fiumi, i tuoi minuscoli villaggi,

e il fuoco genitale trasformato in delizia

corre per i sottili cammini del sangue,

si precipita come un garofano notturno

fino a essere e non essere che un lampo nell’ombra.

 

 

 

EROS D’ESTATE

E siamo

mari in tempesta

venti che onde

già portano in cielo,

aliti ardenti

che accendono di fiamma

l’umida tua pelle.

S’intrecciano le dita

a catturar magie

mentre

sotto le stelle

un vulcano si risveglia.

Nudi

vestiti d’amore,

ci prendiamo,

ci sentiamo

annullandoci a vicenda.

Il tempo dei sogni

s’è assopito,

ora pulsa la vita,

l’amore!

Ed il respiro,

frenetico,

corre

sui ritmi

dell’estate.

 

 

CANTO DI DELIZIA

La mia lingua sfiora la tua lingua,

il mio sesso nel tuo sesso,

il mio cuore nel tuo cuore,

la mia vita nella tua.

Anima sguarnita da ogni vincolo

stretta a me in un desiderio sfrenato

rincorre la perfetta incarnazione del godimento.

Bagnato è il tuo corpo

di linfa sacra

dove riposa la più alta eccitazione

delle fantasie più proibite ed inconscie.

Profumo di rose appena colte

sparse nel tuo campo che ho appena sconfinato,

in un sussulto il tuo respiro

sa di mandorle e canditi.

I tuoi vagiti si fondono con i miei

creando intensi movimenti fisici

di pura creazione artistica

tramutandosi in un canto di delizia.

 

 

 

GODI

Eccoti giungere

stanotte e mille altre ancora

preda esclusiva del mio letto,

trappola divina di desiderio.

Su colline di creta morbida

i miei baci sparpagliati,

accarezzami con gli occhi

mentre scorri sul mio cuore arso.

Benvenuta, entra!

Spengo la luce?

Soffio sul buio e ti accolgo,

senza una parola

ingurgiti il mio sesso

bevendone avida il succo.

In un abbraccio stordito

mi trascini giù

su lenzuola chiare

che odorano ancora di candele spente,

ritratto di mani voraci e volti sconosciuti.

Nel silenzio

che ci avvolge insieme,

strappi incauti di sospiri, atti più impuri

orgasmi che ritmicamente si susseguono

e che rammendo senza fretta.

No, non chiedermi niente! Sei già proposta indecente.

Godi…

 

 

 

OMBRE SUL MIO GIACIGLIO

Non sarà nè legno nè pietra

a vegliare sul mio riposo,

nè sarà un fiore

il pegno del ricordo.

E non saranno le fronde dei cipressi

a fare ombre sul mio giaciglio,

nè epitaffio nè voce nè ricordo di un caro

come amara consolazione del mio definitivo viaggio.

La terra è la mia culla,

la selva intatta il mio nascondiglio,

la polvere e gli sterpi il dolce lenzuolo,

il silenzio il mio unico compagno.

 

 

ESSENZA LARVALE

Su strada nera conduco i miei passi,

nascosto oltre un nulla d’infinito,

una volta oscura sovrastante incombe.

Ascolto le cadenti lacrime della natura,

scendono sul mondo e me

cencioso essere mortale.

Enigma è la mia inesistente provvidenza,

nichilismo dei buoni sentimenti

icone perdute di essi.

Come dalla psiche profonda

omissioni di verità approdano

caricandomi di brama di comprensibilità.

Fuori da mura di pelle

le febbri son più grandi

dei geli del cuore.

Respiro zolfi del mondo

dove il calore diviene sempre più tenuo,

solo fredde spinte sussistono in me.

Nessun vigore ausilia la triste marcia,

tranne un’anomia fredda come il cuore

d’essenza larvale che sono.

E soltanto ora la mia anima maledetta

comprende il senso insensato

di un’esistenza di vela senza vento,

di airone senza ali,

di carne senz’anima.

 

 

NULLA ESISTE OLTRE I SOGNI

Nel buio della notte,

seduto sull’orlo di un precipizio,

ammiro la bellezza della luna,

il suo pallore è come il viso della morte

che affamata di anime

attraversa l’aria contaminandola.

Niente!

solo oscuri pensieri

che trafiggono la mia mente,

grigie lame di metallo

che perforano la mia anima,

sangue che scorre

lungo il mio corpo.

Il cammino da seguire è lungo

ma non riesco più a vedere oltre,

non ce la faccio a capire,

non posso più correre.

Morfeo mi avvolge nel suo mantello ramato,

lacrime di morte

scendono dal cielo illuminato dalla triste luna

mentre il vento sfiora il mio corpo

e la solitudine mi trascina nella valle della morte.

Ho perso ogni mia speranza,

il fuoco della vita brucia il mio spettro.

Nulla esiste

oltre ai sogni,

mondi fantastici di oracoli e maghi

che cancellano la realtà.

 

 

DEPRESSIONE

La salute c’è

non presenta nessuna malattia.

Eppure è così deperita,

quando dorme sembra morta!

Cos’ha questa povera ragazza?

Non ha niente!

Ha solo il verme

della depressione

che la sta consumando

pian piano

ogni giorno di più.

 

 

ANGELI SPORCHI

Essere due piccole gocce di inchiostro nero

su una tela dipinta

ove falsi colori vivaci

esaltano con cattiveria e pregiudizio

la loro diversità:

non spetta anche a loro sognare l’armonia?

No! il cielo non ammette angeli sporchi

e violento strappa loro le ali.

Essere creati

per vivere accanto alla colpa,

insieme alla vergogna

ma di cosa?

Di essere diversi? Ma da chi? Perchè?

Domande che chiamano altre domande

in un girotondo senza risposte.

La confusione aumenta

al pari di uno strano risentimento

che fa soffocare,

che induce a dubitare:

E’ questo ciò che gli altri vogliono da loro?

Che non esistano?

E’ quello che vuole il loro Dio?

Che non esistano?

Sì! il cielo non ammette angeli sporchi

e graffia la carne sotto la loro pelle.

Ho visto quelle due piccole gocce avvicinarsi

fino a diventare una sola,

angeli che finalmente hanno qualcuno

che asciughi le loro lacrime,

che li accarezzi,

che li abbracci!

Angeli sporchi

che ora si stringono tra loro

consolandosi a vicenda.

Un solo gesto,

un grande coraggio!

Il piacere profondo del peccato giudicato dagli altri

peccato come realizzazione di un sogno

come fuga da un mondo ipocrita in bianco e nero,

come vendetta verso una madre

che cerca di soffocare sul nascere

le proprie creature.

Perchè mai l’uomo

non rispetta l’uomo?

Non riesco proprio a capire…

 

 

LA BESTIA RARA

Sguardi sconosciuti,

persone che mi scrutano, esaminano, giudicano

che ridono guardando

verso di me o nel vuoto.

Non so…

in qualunque caso

sono persone come altre

che seguono la massa.

Non apprezzano la diversità come novità.

Alcune mi fissano

come se fossi una bestia rara, un bersaglio da colpire

a volte mi fanno paura

sembra che mi disprezzino,

che vogliano farmi del male.

Forse solo perchè mi distinguo dal gregge

e sono per inclinazione

fuori dal coro.

Mi sento un ebreo fra i nazisti.

Ma io non sono nato per far fare numero

o per consumare ossigeno prezioso,

ho un’anima con me anch’io,

preziosa e brillante più di un tesoro,

io e Dio soltanto

sappiamo bene il valore che ha.

 

 

I MIEI PIU’ ATROCI INCUBI

Sono stato al parco.

Era notte.

Buio.

Cielo nero a sovrastarmi.

Incerto presagio di fine.

Io e l’oscurità.

Mi sono inginocchiato

ai piedi dell’acqua sporca che scorreva.

Ho rivisto il mio volto,

nel silenzio ho urlato,

ho urlato,

urlato!

fino a non avere più voce.

Non ero solo,

eppure mi sentivo come abbandonato.

La solita sensazione di dispersione

che si impadroniva nuovamente di me.

Sarei voluto correre via, scappare via

veloce, sempre più veloce

ma sono rimasto paralizzato

senza armature per difendermi

vittima dei miei più atroci incubi.

 

 

OMBROSI PENSIERI

Desolazione d’anime

nella valle dell’attesa.

Da crisalidi pendenti

cadono lembi di carne putrida

(adombrata metamorfosi

di esseri un tempo umani).

Coltivazioni demoniache

di ombrosi pensieri.

 

 

PERDUTI

Percorrendo una vuota spirale

alla fine della quale troveremo noi stessi,

osserviamo la nostra ombra crollare al suolo

affrontando il riflesso di una nostra immagine residua

concepita nella più cupa desolazione.

Giacendo su queste corrotte strade di vorticanti pensieri,

mentendo ai nostri propri stati mentali,

tratteniamo tutto ciò che non saremmo

anelando a ciò che ci è proibito.

Un delirio di onnipotenza è ciò che chiamiamo conoscenza

senza renderci conto che il decadimento è solo un passo avanti

ma la vanità in cui crogioliamo

si è mutata nella nostra gloriosa tomba cristallina

coesione sublimata di un ego inferiore pieno di incompiutezze.

L’umanità si consola aspettando l’arrivo di un nuovo messia sintetico che possa risanare i nostri corti circuiti interiori

decretando l’annullamento dei nostri ultimi atomi,

così saremo definitivamente perduti.

 

 

SORELLA MORTE

Gioco con le mie emozioni,

una manciata di biglie di vetro nella mia mano.

Per ogni biglia infranta

un sogno si dissolve.

Resto a fissare

il cupo riflesso della mia noia,

Biglia infranta,

crepa nel mio cuore.

Frammenti di vetro,

illusioni svanite.

Con sguardo apatico

osservo pezzi di intonaco volare via,

e non tenderò alcun muscolo

posseduto da un’inerte volontà,

non cercherò di andare al di là di questo velo

che mi copre tutto.

La mia anima si scioglie,

ogni cosa grava, ingarbugliati pensieri

nulla emana benefica essenza.

Ardo di una luce opaca.

Fallo con grazia, sorella morte

spegnimi con un soffio!

 

 

 

UN MONDO DISFATTO

Il mio demone mi mostra la realtà più brutta di com’è

guarda attraverso i miei occhi deformandola

e contempla un modo disfatto.

Il canto della sirena

giace impotente ai piedi del rumore.

Il senso della vita

ha perduto lo scettro,

resta una lapide senza nome

del tempo che fu.

Il mausoleo del giardino delle rose

è stato violato

da malvagi profanatori.

Ma non riesco a gioire

nel vederli annegare

in laghi di sangue.

L’amore perduto

non tornerà mai più

a specchiarsi dentro di me.

Siringa e sangue lungo il mio cammino,

confini sordi alla realtà per la mia mente in gabbia,

ciechi gli occhi dello spirito.

Non so come uscirne fuori!

 

 

 

IL SERPENTE

Un’eco

insegue la mia fuga,

è una lingua di fuoco

che tutto brucia

e che quando mi raggiungerà

consumerà il mio essere.

È forte solo perché io gli permetto di esserlo.

Il vortice

si avvicina sempre di più,

gira

sempre più forte,

e il suo buco nero,

al centro,

mi risucchia,

mi avvolge i sensi e la mente.

Annaspo nel turbinio

ed ho paura di toccarti

per non contaminare anche te

e trascinarti con me

nell’immenso occhio nero.

Vedi accanto a te un mostro con tante teste

il grande serpente

che oscilla fra te e il futuro?

Vedi

le sue lingue di fuoco

che bruciano tutto davanti ai tuoi passi?

E non senti i suoi piedi

calpestare la polvere,

bruciare nella cenere?

Ridicolo essere umano, ammasso di briciole tenute su dalla presunzione,

non puoi vincere

una potente soprannaturale forza.

Ti prego

guarda accanto a te: E’ bugiardo! Abile mistificatore!

Non si rivela mai per quel che è realmente:

è il tuo serpente!

 

 

QUEL CHE SONO NON MI PRENDE

Chiuderei gli occhi

e in un soffio me ne andrei

stanco di tutto,

il solo respirare

mi affatica,

qualcosa mi opprime,

credo sia il peso della vita.

Mi guardo allo specchio

e fisso l’obbrobrio riflesso.

Continuo a guardare quella oscena figura

fino a sferrargli un pugno,

osservo il sangue scorrere sulla mia mano,

e mi perdo nei piccoli frammenti dello specchio

ma è ancora lì:

Cosa vuole questa vita da me? Perche mi ha voluto?

Non l’ho chiesto, non ho desiderato esserci

ho pregato per andarmene!

Perchè quel che sono non mi prende?

Un’eternità di nulla, una vita di vuoti, solo rimpianti!

Nessuna lacrima, forti dolori, un grande amore!

Sono all’inferno, spiritualmente morto

immenso vuoto e depressione.

Come ombra che svanisce alzo bandiera bianca.

Poi e per sempre

solo morte!

 

 

 

INVOLUCRO DI CARNE

Piccola anima

accartocciata dentro un involucro di carne,

il tuo respiro attraversa il petto.

C’è luce, c’è ombra.

Ancora luce e di nuovo ombra.

La mano ascolta il tumulo, l’ossessione.

La punta della penna solca il foglio.

Scrivi per te, scrivi di te.

Mi parli di una realtà che regna dietro tante porte chiuse.

Di sangue del proprio sangue.

Di verità custodite nel silenzio.

Fa tutto parte del gioco,

tu stai gelando ora!

Si può morire di disperazione, la testa fra le mani

la penna caduta per terra,

le braccia stese sul pavimento

mentre le ombre avvolgono ciò che resta di te.

Un involucro di carne e niente di più!

Solo un miserabile e insignificante involucro di carne.

Una mano ti abbassa delicatamente le palpebre,

il segno della croce

e subito dopo il nulla.

Non sono un angelo.

Non sono un demone.

Io sono la verità.

La verità a volte uccide.

 

 

 

MASCHERA

Sembra tutto così perfetto

come scenario di un’opera teatrale

ma quale sarà il segreto,

l’orrendo retroscena di questa farsa,

di questa commedia che chiamiamo vita?

Qual’è il ruolo che mi è stato assegnato?

Cos’è questa maschera che prontamente

le mie emozioni cela?

Come una lumaca

mi rinchiudo con viltà nel mio guscio.

E’ piu adatto a lacrime e vani sorrisi

questo mio volto coperto e deturpato

miserabile sotto la sua ridicola perenne smorfia.

Teschio

a ghigno

eternamente condannato.

 

 

 

LA SOLITUDINE

Lacrime nere rigano un volto,

pallido

e senza segni di vita.

Ghiaccio nell’anima,

foglie morte al vento,

inverno che piange.

Uno sguardo,

quello di una creatura non sola pur essendo sola

vogliosa e assetata d’affetto

che crede d’affogar in un bicchier d’acqua.

Ormai abbattuta

china il capo

e si piega alla grandezza,

al potere immenso di quell’essere.

Quell’essere di cui è umile serva:

la solitudine!

 

 

LUCIDO E FREDDO E’ IL MARMO

Lucido e freddo è il marmo,

riflette tutto come uno specchio.

C’è disordine,

oggetti dimenticati,

ed un velo di polvere

copre tutto.

Regna il silenzio,

le torri sfidano il cielo,

fantasmi appaiono nell’ombra.

Lucido e freddo è il marmo,

candide come la neve le statue,

la piccola bambola fissa

con occhi verdi di smalto

abbandonata nel buio.

Rena la quiete,

i bastioni proteggono il castello,

i passaggi merlati paiono ponti sulla fantasia.

La bella addormentata non è mai stata qui,

non vi è mai stato un sogno incantato,

lucido e freddo è il marmo.

 

 

MIA SORELLA SOLITUDINE

Ubriaco di te

smaltisco la mia sbornia

su una panchina isolata

nella periferia della città

di Paranoia.

Non so dove andare,

non so chi cercare,

non so perchè respiro

ma protendo ancora la mano verso te,

nuovamente implorante ai tuoi piedi

mia amante,

mia amica,

mia compagna,

mia sorella Solitudine.

 

 

ANCESTRALI PAURE

Fievole luci

che all’imbrunire

non vincon l’ombre.

Indecise sagome

arrancanti nel buio

nero antro di ancestrali paure.

Figure incerte

di bieco pensiero avvolte

che di nera cronaca s’ammantano.

Passi veloci

come a sfuggir tempesta

nei vicoli t’inseguono.

Il gelo del comune sentire

tutto avvolge

come unico sudario.

E a nulla vale

il lume della ragione che è vanto

nè il saper che l’amor mio m’è accanto.

Solo il colore del sogno

potrà spezzare

del grigio orrore il cerchio.

Solo di poesia il volo

potrà sciogliere delle catene

l’angosciante nodo.

Subisco l’ultimo disperato assalto

di chi sa che la sua guerra

ha già perduto ormai.

 

 

LO SBADIGLIO DEL TERRORE

Nessuno ascolta

il rumore assordante del lupo

estasiato

dinanzi ai bagliori

della notte

stregata.

Un luccichio assorbe

il silenzioso spazio,

nel vuoto dell’ignoto

respiro accaldato dalla lucciola

che traballante attraversa il sentiero,

dal folto dell’ugola fuoriesce soave alito umano.

Ascolta la notte!

Ascolta la nebbia!

Ascolta i battiti del cuore!

Ascolta e non restare

senza un fruscio oblungo

nel dolce mio silenzio.

 

 

“GIACOMO LEOPARDI”

RIPROPOSTO IN UN LINGUAGGIO MODERNO:

 

“L’INFINITO”

Ti ho sempre amato, colle

solitario come me.

Ti ho sempre amata, siepe

che mi fai aprire l’anima

verso l’orizzonte,

me lo nascondi

ma me lo fai amare

immaginando spazi infiniti.

Ho sempre amato questo posto,

il suo sovrumano silenzio,

la sua profondissima quiete,

e il tenue soffio del vento tra gli alberi,

e la dolcezza di queste piante che dormono.

E mentre sono seduto e guardo lontano

mi tornano in mente le stagioni fuggite,

l’ora presente,

l’eternità,

ed è dolcissimo

perdersi nell’immensità della natura.

 

 

 

“IL PASSERO SOLITARIO”

Ti vedo in cima a quella antica torre,

solo,

proprio come me!

Tu canti finchè non muore il giorno

mentre la primavera brilla nell’aria,

esulta per i campi

festeggiata da mille uccellini

che fan mille giri nel cielo.

Ma tu passero solitario non ti curi di loro,

resti indifferente a quella festa,

non la cerchi, non provi a volare

consumi così nella solitudine

la parte più bella della tua vita.

Quanto è simile il mio modo di vivere al tuo!

non c’è spensieratezza in me,

gioie e divertimenti io li evito,

mi sento estraneo e quasi fuggo da loro

e il dramma è che non so spiegare a me stesso

nemmeno il perchè.

Chiuso nella mia stanza

passo le mie giornate vuote e monotone

in silenzio, in solitudine.

Eppure questo giorno che ormai volge alla sera

è festeggiato da tutti in questo paese,

si odono nell’aria suoni di festa vicini e lontani,

i giovani sono allegri

indossano i loro abiti migliori

si divertono

ed è persino bello guardarli.

Ma io,

in quest’angolo del paese vicino alla campagna,

io resto da solo come sempre,

ogni divertimento

lo rinvio in altri tempi

non so a quando!

guardo il sole che si dilegua dietro i monti

e sembra ricordarmi

che anche la mia giovinezza sta morendo.

Tu, passero solitario

alla fine dei tuoi giorni

non potrai pentirti d’aver vissuto così,

è la tua natura che ha deciso questo.

Ma io,

se non riuscirò a evitare la detestata vecchiaia

e tutto sarà noia più di adesso,

cosa penserò della mia giovinezza sprecata

e non goduta?

Forse piangerò,

guarderò indietro

ma sarà ormai troppo tardi.

 

 

“IL SABATO DEL VILLAGGIO”

La ragazzina spunta dalla campagna

al tramontar del sole

con la dolcezza, con la malizia

d’una età che non dà pensieri.

Ha un fascio d’erba in mano,

un mazzo di rose e di viole,

domani è festa, deve farsi bella.

La vecchietta con le sue amiche,

seduta sull’uscio di casa,

è intenta a filare

e con una lacrima agli occhi

ripensa a quando anch’ella era ragazza

e spensierata e felice

era circondata da tanta compagne.

L’aria si fa bruna,

le ombre scendono dai colli e dai tetti,

una luna bianchissima splende nel cielo.

Una tromba suona annunciando la festa,

i bambini giocano felici nella piazzetta,

il contadino torna a casa fischiettando.

Poi, quando le luci si spengono

e tutto tace,

si ode soltanto il rumore d’un martello

e di una sega,

è il falegname che ha fretta di terminare il suo lavoro

prima dell’alba.

Questo è il più bel giorno della settimana

pieno di gioia, di speranza

domani tutto ritornerà normale, triste, monotono

e ciascuno riprenderà il suo lavoro col pensiero.

Ragazzo mio,

la tua splendida ma fuggitiva età

è proprio come questo giorno

chiara, serena

che prepara la festa della tua vita.

Ragazzo mio divertiti!

non mi sento di dirti altro!

Ma ti prego non rammaricarti

se la tua festa tarda a venire.

 

 

“AMORE E MORTE”

Amore e morte,

fratelli,

furono creati insieme

e insieme vanno uniti per il mondo,

l’uno elargendo il piacere

l’altra annullando il dolore.

Quando l’amore nasce nel petto

lo accompagna sempre un languido desiderio di morte.

Non so perchè…

forse l’uomo,

presentendo i mali futuri che ne deriveranno,

brama di giungere al porto della sua vita

e di annullarsi.

Financo nel furore della passione,

quante volte gli amanti ti invocano o morte!

E che sentimento di invidia

al rintocco della campana funebre

per chi se n’è già andato!

Perfino il contadino e la timida fanciulla

non temono più,

comprendono l’ineffabile dolcezza della morte.

Talvolta l’amore

mina un fisico già prostrato,

talvolta invece

induce al suicidio giovani e fanciulle.

E tu morte

da me tanto invocata e celebrata

fin dai miei primi anni,

chiudi pietosamente gli occhi miei.

Ho sempre disprezzato le consolazioni della religione.

Non ho mai lodato e benedetto i patimenti.

Ho rifiutato i fanciulleschi conforti degli uomini.

Te sola ho sempre invocato!

Aspetto serenamente

di addormentarmi sul tuo seno.

 

 

MEMENTO

(Dalla lirica omonima di I.U. Tarchetti)

Quando bacio le tue labbra profumate,

cara e dolce fanciulla,

non posso dimenticare

che un bianco teschio vi è nascosto sotto.

Quando stringo a me il tuo corpo sensuale,

cara e dolce fanciulla,

non posso proprio dimenticare

che uno scheletro nascosto vi è celato all’interno.

Quando faccio l’amore con te, cara e dolce fanciulla,

mi è impossibile dimenticare che sotto la tua pelle

vi è un ammasso di sangue, vene e organi schifosi.

E assorto in questa orrenda visione,

dovunque ti tocchi, ti baci o posi le mie mani

sento sporgere le ossa fredde d’un morto.

 

 

IL CANTICO DI FRATE SOLE

(Dall’opera omonima di S. Francesco d’Assisi)

Benedetto tu sia, mio Signore!

con tutte le tue creature

specialmente per fratello sole

che fa diventare giorno

e illumina ogni cosa intorno

ovunque ci sia vita

con grande splendore,

ed è bello, radiante.

Benedetto tu sia, mio Signore!

per sorella luna

che bianchissima non dorme mai

per vegliare la notte,

e per le sorelle stelle

che hai creato in cielo

chiare, preziose e belle.

Benedetto tu sia, mio Signore!

per la sorella acqua

che è molto utile

è preziosa, è casta.

Benedetto tu sia, mio Signore!

per fratello fuoco

che rischiara la notte

e trasmette il suo calore,

ed è forte, è vivo.

E per fratello vento

che muove l’aria, le nuvole

rigenerando con la pioggia tutte le creature.

Benedetto tu sia, mio Signore!

per la nostra madre terra

che ci sostenta stringendoci al suo seno

e ci offre frutti, fiori colorati, erbe.

Benedetto tu sia, mio Signore!

per i miei fratelli che sanno perdonare

aiutali nelle loro tribolazioni terrene,

hanno bisogno della tua presenza

nella loro vita.

Beati quei fratelli che difenderanno la pace!

saranno da te premiati.

Benedetto tu sia, mio Signore!

per la nostra morte fisica

dalla quale nessuno di noi può scappare

e guai a coloro che morranno nel peccato,

beati invece quelli che su questa terra

avranno fatto la tua volontà.

Laudate e benedite tutti il mio Signore!

e ringraziatelo

e servitelo con grande umiltà.

 

 

OSSESSIONE PER UNA NINFETTA

(liberamente ispirata al libro LOLITA di V. Nabokov)

Spiccava col suo giovane corpo e l’aria da bambina

tra la gente ignara,

quel piccolo micidiale demonietto,

inconsapevole anche lei del proprio fantastico potere.

Mi guardò col suo visino indecifrabile di ragazzina tredicenne

come se mi avesse letto il desiderio negli occhi

fino ad intuirne la profondità,

e nel preciso momento in cui i nostri occhi s’incrociarono,

tra di noi si stabilì subito un’intesa

capace di annullare in quell’attimo qualunque barriera

ed io non avrei potuto abbassare gli occhi

neanche se fosse stata in gioco la mia vita.

La sfiorai ma senza osare toccarla,

respirai intensamente quella sua delicata fragranza

che sapeva di borotalco,

e da quel punto così vicino eppure disperatamente lontano,

ebbi per la prima volta la consapevolezza,

chiara come quella di dover morire,

di amarla più di qualsiasi cosa avessi mai visto

o potuto immaginare,

e di voler essere il primo ad assaporare quel piacere proibito

che soltanto la mia giovanissima dea dell’amore

avrebbe saputo offrirmi

in un paradiso illuminato dai bagliori dell’inferno.

Un uomo normale,

forse per vergogna o sensi di colpa,

scaccerebbe via dalla propria mente simili pensieri.

Bisogna essere artisti,

eterni  bambini sempre in volo senza logica né equilibrio,

folli di malinconia e di disperazione,

di solitudine e di tenerezza

per lasciarsi totalmente trasportare e tormentare

dalla magica ossessione per quella ninfetta.

 

 

ASSENZA

(liberamente ispirata al libro LOLITA di V. Nabokov)

Bastava un tuo sorriso

per mostrarti bella dentro e fuori

come un inno alla grazia,

malgrado le tue smorfie ed i tuoi capricci,

desiderabile, né donna e né bambina, favolosa e splendida

con la tua travolgente sensualità acerba

mista di malizia e d’innocenza.

Eri un cucciolo indifeso tra le mie braccia,

non riuscivi a tirare fuori la donna che stava nascendo in te.

Di quella mia incantevole lolita

che mi aveva stregato persino l’anima

fino a possedermi del tutto,

e del suo sconvolgente modo di essere,

non mi rimane ora che l’eco di un coro di fanciullesche voci

udite in lontananza e perdute per sempre

come foglie morte sparse lungo il sentiero

in una stordita calma irreale.

È la mia fine come uomo,

l’apice della mia ispirazione come artista.

La mia vita è ormai alla deriva nelle tue mani di bambina,

legata a te da un cordone ombelicale

obbedisce al tuo volere senza più orgoglio, senza dignità.

Mi tormenta l’immagine dei tuoi coetanei

che posano i loro sguardi carichi di desiderio

sul tuo giovane corpo.

È folle il pensiero che la tua verginale bellezza

appartenga esclusivamente ad un uomo della mia età

ma più ti sento irraggiungibile

e più cresce in me il desiderio di averti.

Come un vecchio mendicante ormai solo ed esausto,

chiedo ancora ad una ragazzina che non ha colpa,

l’elemosina d’un amore che mai potrà darmi.

Un amore impossibile, assurdo, folle

incomprensibile, a senso unico, non corrisposto

ma pur sempre un amore!

Forse sono posseduto dal diavolo

o forse ho solo qualche rotella fuori posto

è tutto così assurdo e illogico

ma io credo di amarla.

 

 

R I S U S C I T A M I

Maestro, ho tanto bisogno di un miracolo

trasforma la mia vita e tutto in me

da tempo non vedo più la luce

hanno spento già la mia gioia di vivere

umiliato la mia speranza,

vedo i miei sogni cancellati tristemente

lacrime di solitudine bagnare i miei occhi.

Maestro, non ho altro che io possa fare

solo tu hai tutto il potere,

sono seppellito come Lazzaro in questo sepolcro di disperazione

c’è un macigno che Satana ha messo davanti.

Maestro, chiama il mio nome ti prego

ascolterò con fede inginocchiato la tua voce

rimuovi la pietra delle mie paure e chiamami ad uscire

fai rivivere i miei sogni: liberami!

Sospinto dalla fede che c’è in te

sicuro d’una vittoria che tu solo dai

risuscitami.

 

 

 

ALBA

 

Alba!

 

tu stai sorgendo,

 

silenziosa brezza nell’aria,

 

leggiadre ali intorno.

 

Alba!

 

tu stai spargendo

 

il tuo colore

 

sul mare

 

addormentato.

 

La tua pace

 

mi sta

 

cambiando.

 

La mia anima,

 

svegliandosi,

 

si sta aprendo all’amore

 

verso l’infinito.

 

Io sento

 

che sto per nascere

 

sì,

 

lo sento,

 

io sto nascendo.

 

 

 

IN SILENZIO

 

Io e te,

 

mano nella mano,

 

camminiamo verso il sole

 

guardandoci in silenzio.

 

Le nostre orme sono raggi di luce,

 

nel loro chiarore, riflesso,

 

osservo il tuo viso dolcissimo

 

che m’incanta, in silenzio.

 

Siamo solo noi due,

 

creati l’uno per l’altra,

 

rapiti da questo sole immenso.

 

Un amore senza fine grande più di noi

 

ci trascina via lontano

 

e tu esisti ormai dentro di me

 

ti sento in ogni parte del corpo,

 

tu sei l’aria che sto respirando,

 

sei la mia stella che brilla nel cielo.

 

Vicinissimi, avvolti dal calore,

 

noi ci amiamo sfiorandoci in silenzio.

 

Siamo in viaggio da qui all’eternità,

 

eroi di un sogno in questo breve vivere,

 

non svegliamoci mai,

 

ed ora, in quest’istante magico,

 

tu ed io siamo un solo essere,

 

non so più dove finisci tu e comincio io,

 

dove si dilegua il sogno e appare la realtà,

 

ora tutto acquista un senso

 

e finalmente scopriamo insieme

 

che c’è qualcosa di noi,

 

un motivo per vivere.

 

Non siamo più soli,

 

finché mi starai vicina, saprai tutto di me,

 

avrai il meglio di me stesso

 

e tu con me sarai sincera.

 

Stringimi la mano più forte,

 

sei l’unico scudo tra me e il mondo,

 

ho bisogno di te per non morire.

 

 

 

PRIMO AMORE

 

Un’ondata improvvisa di luminosi ricordi

 

sommerge per un attimo i duri scogli della mia realtà

 

e la schiuma che ritorna al mare,

 

lascia un immenso prato verde

 

ricamato morbidamente dalle esili mani della primavera

 

e in quel giardino, d’incanto,

 

sbocciarono fiori di mille colori e ali dorate di farfalle,

 

lì v’era un bimbo che inseguiva felice il volo d’un aquilone

 

ed una bambina

 

che sfogliava dolcemente i petali d’una margherita.

 

Era bello correre insieme a lei, mano nella mano,

 

tra le spighe di grano più alte di noi

 

e l’azzurro del cielo che sembrava così vicino, non finire mai,

 

saltellare a gara con i cerbiatti,

 

e seduti in riva al ruscello,

 

gettare ramoscelli sull’acqua per vederli galleggiare dolcemente

 

e all’imbrunire, sudati e sporchi di terra,

 

scappare sul colle più alto

 

ed osservare il volo libero di stormi di gabbiani su oceani limpidi,

 

aspettare in silenzio l’arrivo dell’arcobaleno con i suoi mille colori

 

e lì: “Io ti voglio bene anche se non so baciare” le dissi

 

col cuore che batteva forte come un uragano,

 

lei sorrise, mi baciò la guancia

 

e sbocciava così il mio primo amore

 

mentre una cicogna volteggiava in festa per me.

 

Ed ora, proprio in quest’istante mentre ti bacio amore mio,

 

io rivivo l’emozione d’allora,

 

la stessa gioia ti giuro, lo stesso candore

 

e quanti ricordi ancora vorrei rivivere con te,

 

non più da bambino, ma da uomo ormai,

 

quante piccole emozioni nascoste in fondo al mio cuore

 

vorrei regalarti!

 

quanti segreti avrei da svelarti!

 

Ma tu … tu non capiresti mai

 

perché non so capirmi neanch’io

 

e non so come mai stai con un ragazzo come me

 

che ha ancora quei prati vergini nell’anima,

 

che resta sempre solo anche se tu sei qui vicino a me

 

pronta ad amarmi: che buffo!

 

Ti prego non dirmi che sono un bambino

 

anche se non so far l’amore,

 

anche se il mio mondo è ingenuo.

 

Tu mi sorridi e sfiorandomi la mano, mi dici:

 

“Non esiste al mondo ragazzo migliore di te”.

 

Amore mio,

 

io ti amo per non sentirmi solo,

 

per sorridere e volar via,

 

per vincere la paura che c’è in me,

 

per fermare la mia giovinezza che va via.

 

Amore mio,

 

è così naturale essere felici,

 

come mai la gente non lo sa,

 

non mi crede!

 

 

 

 

DOLCISSIMA STELLINA

 

Dolcissima Stellina,

 

timida come un pallido sole dietro le nuvole,

 

tenera come un piccolo usignolo addormentato sul nido,

 

dal sorriso luminoso e fresco come stilla di rugiada

 

tu sei per me il sogno d’una notte incantata,

 

l’effimera illusione d’un amore irrealizzabile.

 

Sei in questo mio vivere terribilmente oscuro

 

come una luce fioca

 

che da lontano cresce… cresce… fino ad abbagliarmi l’anima

 

col tuo modo di muoverti sublime come ali di cigno

 

e la tua voce melodiosa come cori di augelli.

 

Lacrime lucenti di gioia

 

brillano adesso nei miei occhi.

 

In un attimo tu hai riempito di bello il mio cuore,

 

dipinto di sogno la realtà

 

ed io non vorrei mai più svegliarmi da questo momento magico.

 

Sembra quasi d’averti già conosciuta tanto tempo fa

 

in qualche sogno lontano chissà dove

 

e se guardo attentamente nel fondo dei tuoi occhi,

 

scopro in essi l’infinito vibrare

 

e tu ed io uniti che voliamo via sempre più su senza limiti,

 

dileguandoci come due gabbiani liberi verso l’orizzonte.

 

Restano ammutolite nel mio silenzio magico

 

mille parole, mille sensazioni

 

che sento ma non riesco ad esprimerti,

 

non so come spiegartelo

 

ma avverto dentro, qualcosa d’indefinibile, mai provata prima,

 

meravigliosamente reale al tempo stesso:

 

un bene prezioso e profondo sommerso in me stesso

 

come il rosso corallo negli abissi del mare.

 

Da una vita sono in cerca di te

 

ma tu sei più di quanto aspettassi.

 

Dolcissima Stellina

 

Abbi cura di te, ti auguro di non cambiare,

 

resta quel germoglio che sei adesso.

 

Non gettare al vento il fiore della tua giovinezza,

 

non smarrire col tempo la purezza dei tuoi sguardi,

 

l’armonia d’ogni tuo gesto

 

perché solo tu riesci a sorridermi con gli occhi,

 

hai in te qualcosa in più che appartiene solo agli angeli:

 

che ne sarà mai del tuo viso innocente e pulito

 

quando, domani, cadranno le lacrime degli anni?

 

e quel giorno, ora tanto lontano, ti ricorderai di me?

 

Addio mia dolcissima Stellina!

 

avrei voluto darti molto di più

 

tornando adolescente insieme con te nel tuo mondo

 

ma sono dai tuoi anni

 

ormai disperatamente lontano.

 

Ti lascio in questa poesia

 

il mio ricordo di ragazzo solo come te

 

ed ogni volta che la leggerai, d’incanto,

 

non esisteranno più barriere né distanze tra noi due,

 

io, di colpo, rinascerò in te

 

e tu, specchiata nella mia anima,

 

sarai qui vicino a me.

 

 

 

 

BELLA MESSINA

 

Come chiave d’oro che apre al paradiso,

 

Messina spalanca la porta alla Sicilia perla incantevole.

 

Bella Messina,

 

che si lascia corteggiare da due mari,

 

contemplata dall’alto dalle sue montagne,

 

sempre spettinata dal vento,

 

bagnata dal mare ed asciugata dal sole,

 

Messina presa per mano dalla Madonna.

 

Bella Messina

 

quando dondola dolcemente le navi del suo porto,

 

quando incoraggia e protegge il sudato lavoro dei suoi pescatori,

 

quando saluta piangendo ma aspetta con ansia

 

il ritorno d’un suo figliuolo che s’allontana senza lavoro,

 

quando, nelle sue ville, accompagna il lento andare d’un vecchio,

 

guarda commossa gl’innamorati delle sue panchine,

 

gioca trasformata in bambina con i suoi piccoli.

 

Bella Messina

 

quando si tinge di giallorosso dietro la sua squadra,

 

quando si pavoneggia per accogliere i forestieri,

 

quando, tutta parata, si trucca con i colori della vara

 

ed il mito dei Giganti,

 

divertente e scapestrata come il suo dialetto.

 

Messina lunga donna dagli esili fianchi

 

con gli occhi blu come il suo mare

 

ed i capelli d’oro come il sole delle sue spiagge,

 

baciata sulla superficie del mare da mille gabbiani,

 

che col suo stretto maliziosamente s’avvicina

 

senza lasciarsi toccare,

 

Messina che all’alba apre gli occhi sul mare

 

e di notte s’addormenta sotto un lenzuolo di mille luci.

 

Messina solare dalle ali libere verso l’orizzonte

 

con gli occhi luminosi mai annebbiati,

 

sposa d’un clima ch’è armonia in ogni stagione,

 

Messina che con frutti e fiori profuma di primavera.

 

Bella Messina

 

defunta ma risorta dopo il 1908,

 

Messina che vuole andare avanti,

 

che non vuol morire più,

 

vestita ormai di abiti sempre più moderni.

 

Bella la mia Messina

 

è la mia terra, la mia città,

 

qui sto bene, sono felice.

 

Ogni sua strada, ogni sua via

 

è casa mia, il mio giardino.

 

In lei sono nato

 

ed in lei voglio morire.

 

 

 

 

TU BAMBINA

 

Tu bambina, tu semplicità,

 

tu gioia e serenità, tu l’infinita innocenza.

 

Tu che vivi felice i giorni della tua giovinezza,

 

tu che ti affacci con paura alla tua adolescenza.

 

Dai tuoi occhi traspare ancora

 

la magia di un mondo che sa di fantasia

 

e chissà se il tuo piccolo cuoricino

 

riuscirà ad esprimere ciò che sente dentro.

 

È sbocciato adesso un amore

 

e forse stai provando qualcosa che non hai mai provato prima,

 

sarà per te il primo dolore

 

ma sarà dolce lo stesso come il succo d’una caramella,

 

e le prime lacrime

 

avranno ancora lo splendore della tua innocenza.

 

I tuoi pensieri sono di amori fugaci,

 

i tuoi giochi tenere primavere

 

e tu ora dondoli spensierata nell’altalena dei tuoi desideri

 

come quando stringevi la tua bambola

 

che hai perso ormai.

 

Dipingerai di sogno i tuoi giorni,

 

colorerai d’arcobaleno persino i tuoi disegni

 

e li annoterai dolcemente nel tuo caro diario.

 

Vorrei regalarti una vetrina e riempirla dei tuoi sentimenti

 

così chiunque, sostando lì,

 

scoprirebbe la ricchezza che hai dentro.

 

Crescerai in fretta e non mi vedrai più con gli occhi di bambina

 

so che ti perderò per sempre.

 

Mille ed infinite parole non bastano a descriverti,

 

mille ed infinite poesie

 

non potranno farti capire quanto sei importante

 

ma quello che provi dentro non crescerà mai,

 

servirà a farmi rivivere ricordi di adolescenze perdute.

 

Con te bambina

 

correremo insieme e voleremo via lontano

 

verso nuovi orizzonti,

 

lì, resteremo per sempre

 

anche se dovrò dirti mille ed infinite volte: “Tu bambina”.

 

 

 

 

LA FINE DELLA CICOGNA

 

Un serpente velenoso

 

s’insinua vischioso nel mio giardino d’infanzia,

 

due mani sporche di fango,

 

maliziosamente,

 

rubano al mio impubere corpo l’innocenza.

 

Sui miei occhi appena aperti

 

calano inesorabili ombre senza più luce.

 

I sorrisi ingenui delle fate

 

divengono tentacoli della paura.

 

Muore sbocciando quel fiore reciso

 

che non crescerà più.

 

Mi hanno ucciso la cicogna

 

e con lei anche Gesù Bambino.

 

 

 

NOSTALGIA

 

Le inquietudini del mio primo bacio

 

e poi le affascinanti scoperte intime,

 

i primi turbamenti,

 

quei peccati d’una età che non torna più,

 

scomparsa per sempre.

 

E tu sorellina timida timida

 

ed io fratellino impacciato e buffo,

 

tra sguardi e silenzi ci spiavamo dentro l’anima,

 

imparavamo ad amare.

 

Cerco invano di ricreare quegl’innocenti momenti intensi,

 

provo con la fantasia a tornare bambino

 

insieme con te nella poesia di quel nostro magico mondo,

 

mi ritrovo il fantasma d’un uomo

 

già inesorabilmente invecchiato.

 

Quelle due giovani creature

 

ora son come cristalli di ghiaccio d’un viso d’inverno.

 

Quell’antica primavera

 

è ormai neve e gelo.

 

 

 

RICORDO D’UNA RAGAZZA SCOMPARSA

 

Le serate passate sulla nostra scogliera,

 

il bacio lì, in riva al mare

 

col tramonto che ascoltava le nostre anime

 

mentre il mare suonava la nostra canzone.

 

Tanti ricordi, tanti momenti felici,

 

tanto amore.

 

È questo che vorrei gridare in silenzio

 

ma a che serve ora che non ci sei più?

 

La tua vita è stata troppo breve

 

come il nostro amore.

 

Forse il tuo compito

 

era farmi provare un sentimento nuovo per me: l’amore

 

per poi scomparire come un angelo.

 

Sei salita al cielo

 

ed ogni notte, piangendo,

 

cerco di vederti tra le stelle.

 

Addio per sempre!

 

 

 

SPERANZA

 

Nel buio della mia solitaria esistenza,

 

proprio sul punto di smarrirmi,

 

vorrei improvvisamente incrociare la luce dell’amore,

 

tra mille volti riconoscere il tuo soltanto,

 

e come un bambino,

 

di colpo,

 

scoppiare a piangere di gioia.

 

 

 

 

VIAGGIO NELL’ANIMO MIO

 

Muta di parole e sguardi,

 

la mia mente vaga lontano in penombra

 

dove il pensiero non ha confini

 

e tutto può sembrare reale.

 

Così, col bisogno del ricordo e del pianto,

 

penso al mio passato e alla sua perduta giovinezza,

 

al mio presente fatto di tempo fuggente,

 

al mio futuro sconosciuto ed incerto nelle sue mille paure.

 

Quanta dolcezza nel guardarsi dentro e perdersi in sé stessi!

 

Quali emozioni

 

nel vagare libero tra solitudini e silenzi profondissimi!

 

Mi scuoto

 

e lentamente mi desto da un viaggio

 

nel profondo della mia anima,

 

del mio essere così fragile, così indifeso

 

rispetto alla grandiosità della mia vita.

 

 

 

 

 

VOLO

 

 

Ho aperto i miei occhi, liberato la mia mente

 

sfidando tutti i miei limiti,

 

ho lasciato alle spalle gabbie, catene,

 

labirinti, muri insormontabili,

 

e quell’uomo morto ch’ero ieri

 

e che oggi non riconosco più,

 

fino a ridere della mia disperazione del passato,

 

persino la morte sembra inchinarsi

 

alla mia nuova voglia di vivere.

 

Dentro di me

 

l’oscurità s’è trasformata in un riverbero di luce,

 

nell’anima esplode

 

l’incredibile forza dell’amore verso la vita.

 

Vedo nuovi orizzonti

 

distendersi davanti ai miei occhi.

 

Intorno a me

 

spazi infiniti m’invitano a raggiungerli.

 

Tutto è ancora da scoprire

 

e mi sta aspettando,

 

e con l’entusiasmo di un bambino,

 

m’accorgo per la prima volta,

 

quanto sia meraviglioso vivere.

 

Non ho più paura ormai.

 

Solo,

 

con il vento in faccia,

 

apro le mie ali

 

e mai più mi fermerò.

 

Finalmente adesso volo.

 

 

 

RICORDI

 

 

Si dirada come per incanto

 

la nebbia che mi avvolge

 

e s’apre d’improvviso il cielo

 

col suo manto azzurro,

 

torno a ritroso nel tempo in seno ai miei ricordi

 

come alghe marine che succhiano caute mammelle di roccia.

 

Mi vedo a otto anni

 

quando avevo un’amica soltanto

 

che volevo bene come sorella.

 

Ricordo ancora come fosse ieri

 

i suoi capelli neri a boccoli

 

che le coprivano quell’esili spalle

 

come schiuma del mare accarezza gli scogli.

 

Era una bambina orfana

 

e la sera, quando andava a dormire,

 

si addormentava con due pupazzi vicino:

 

un orsacchiotto grande suo padre, una Barbie la madre,

 

aveva un segreto, teneva quei pupazzi sotto il cuscino.

 

Mi chiedeva spesso:

 

“Come mai le tue poesie son tristi e tu non ridi mai?”

 

non sapevo mai risponderle.

 

Da grande sognavo già di sposarla,

 

le dedicavo poesie e come per magia il suo caro viso spariva

 

ed io mi vedevo in un teatro affollato

 

con tanta gente in piedi ad applaudirmi.

 

A quindici anni

 

evitavo i compagni, i giochi e le feste

 

e restavo da solo per ore

 

ad osservare la distesa infinita del mare,

 

una voce dentro mi ripeteva sempre:

 

“I sogni non muoiono mai”.

 

Cercavo la libertà,

 

mi chiedevo se nell’universo esistesse qualcuno simile a me,

 

immaginavo di volare via per scoprire il mondo

 

senza ritorno, senza fermarmi

 

come un’onda senza mai una spiaggia

 

ed i miei occhi ragazzini curiosi e attenti,

 

si perdevano in lontananza,

 

laggiù dove si disperdeva il mare oltre l’orizzonte.

 

Son diventato uomo troppo in fretta

 

e non riesco più a sognare.

 

Cerco ancora l’arcobaleno d’allora,

 

trovo le inquietudini di adesso.

 

La speranzosa attesa d’un tempo,

 

le antiche illusioni,

 

come oggetto prezioso caduto per terra

 

e frantumato in mille pezzi,

 

sono morte e crollate inesorabilmente

 

nell’amara consapevolezza del nulla che mi circonda.

 

Ma perché bisogna dire addio

 

sempre alle cose più belle?

 

alle delizie che promette ma non concede la vita?

 

Rassegnati animo mio,

 

le tue domande non conosceranno mai risposte!

 

 

 

 

IL TRENO DELLA VITA

 

 

E il treno corre,

 

corre lontano sui binari della vita,

 

lungo la strada del mio dolore.

 

Va via velocemente

 

proprio come i miei anni,

 

il mio tempo che scorre.

 

Dai vetri del finestrino il quadro cambia sempre

 

vedo montagne invalicabili di paure,

 

pianure non più verdi di speranze invecchiate,

 

laghi salati di pianto amaro.

 

Vedo fiumi, violente cascate trascinare via tutto quanto,

 

mari in tempesta come i miei pensieri irrequieti.

 

Vedo gallerie coprire il sole come i miei momenti bui,

 

prigioni di tanti limiti ed arrese,

 

miraggi di felicità nei deserti della mia esistenza,

 

il cielo dove non ho mai volato,

 

lontane isole esplorate solo nei sogni,

 

nebbia lontana e foschie senza amore, senza fortuna

 

e poi

 

file di alberi e nuvole passare come un susseguirsi di emozioni,

 

paesi e città fuggire malinconicamente come i ricordi più belli,

 

prati verdi dove correvo sull’erba da bambino,

 

rivedo mia madre aspettarmi a braccia aperte,

 

odo nel vento la sua voce che mi chiama.

 

Il treno corre

 

la sua corsa senza fine

 

senza ritorno, senza fermate

 

ed io via con lui

 

m’allontano sempre più senza sapere dove andrò,

 

certo di perdermi solo

 

come un vagabondo senza famiglia.

 

Addio casa mia d’infanzia!

 

Addio amici della mia adolescenza!

 

Addio giovinezza perduta per sempre!

 

Quanta struggente nostalgia mi avete lasciato!

 

Com’è triste non poter tornare indietro!

 

Ma perché la vita è una corsa continua?

 

Perché la fine di un viaggio non c’è mai?

 

Mi fermerò soltanto

 

quando giungerà l’autunno con la sua folata gelida,

 

come foglia ormai ingiallita,

 

sarò strappata dal mio albero,

 

trascinata nel vento.

 

 

 

 

 

LA FRASE PIÙ BELLA

 

 

“Se per gli altri ormai sei grande

 

per me resterai sempre il mio bambino”.

 

È la frase più bella che mi hai detto

 

e che da sempre avrei voluto sentire.

 

È un pensiero profondissimo,

 

a tal punto che neanche tu puoi capire quanto.

 

Forse è Dio che ti ha ispirato

 

per rendermi felice.

 

Tu mi hai gettato in mare un’àncora di salvezza

 

dove io mi aggrappo con tutte le mie forze per non annegare

 

e trovo le mie poesie, il tuo amore per me.

 

Nessuno malgrado i propri sforzi

 

è mai riuscito a cogliere la mia ricchezza interiore,

 

la mia sensibilità profondissima, la mia particolarità,

 

il mio disperato bisogno d’amore.

 

È solo riuscito a intravedere

 

come sono dentro

 

ma in lontananza

 

senza mai percepirmi a fondo.

 

In questo mondo dell’immagine

 

l’apparire conta più dell’essere

 

anche perché spesso l’essere non c’è.

 

Amante della solitudine e della tenerezza,

 

senza nessuno che mi somigli,

 

cerco da sempre

 

un’anima che mi comprenda.

 

 

 

 

ATTRAVERSANDO IL SOLE

 

 

Da questo carcere,

 

chiuso dietro le sbarre,

 

vedo il sole uscire dai monti.

 

La sua luce m’abbaglia.

 

Continuo ad osservarlo

 

con l’anima aperta alla speranza

 

ed i miei occhi rimbalzano sul suo splendore

 

e vanno su te

 

che sei così tanto lontana

 

al di là della mia immaginazione.

 

Ti vedo riflessa nel sole in controluce.

 

E tu puoi guardare me.

 

Tu ed io alle due estremità d’una scia luminosa

 

che ci avvicina passo dopo passo

 

unendoci sempre più.

 

Ci veniamo incontro

 

percorrendo raggi di luce.

 

Ora tutti sono morti,

 

sono più vecchi

 

ma noi due siamo ancora insieme nell’aria

 

come bambini

 

attraversando il sole.

 

Ho cercato a lungo qualcosa che non c’è

 

bastava semplicemente che guardassi il sole.

 

Dalla sofferenza scaturisce il carburante per la rinascita!

 

Non occorre essere in carcere per sentirsi prigionieri

 

dentro di me mi sento adesso libero,

 

il male ha finito di avermi in pugno: è inefficace.

 

È l’ultimo atto del suo progetto diabolico.

 

Il demone ora trema ed è lui ad aver paura di me.

 

 

 

 

PREGHIERA D’UN’ANIMA IN PENA ALLA LUNA

 

 

Luna,

 

tu muta e bianca

 

sul destino degli umani

 

posi silente lo sguardo.

 

Solinga e distante,

 

sorella del buio e delle ombre,

 

non ti diletti e non piangi

 

ma taci,

 

osservi e sempre taci.

 

Eppure chi può dirmi se non tu sola

 

se è per natura perdente l’umana sorte

 

o se riposerà alfin ciascun mortale

 

e avran sollievo le sue notturne paure?

 

Vorrei chiederti o mia cara luna

 

a che serve vivere

 

e dove porta questo terreno viaggiare,

 

per cosa si arresteranno i battiti del mio cuore?

 

Ma tu mi appari misteriosa e vana

 

come lo è tutta l’esistenza umana

 

senza risposte, né certezze,

 

incurante della mia anima che anela, brama di sapere.

 

Io fragile essere, piccolo e limitato

 

tu immortale creatura d’uno sconfinato universo,

 

eppure quanta grandezza nell’umano spirito

 

nel desiderare l’infinito pur comprendendo la propria piccolezza!

 

Silenziosa luna presto dovrai andar via,

 

l’alba si sta svegliando,

 

la terrena notte illuminerai nuovamente alla fine del giorno

 

ma gli occhi del mortale uomo rivedranno ancora luce?

 

e le piante e gli animali tutti qual destino avranno?

 

Luna

 

musa ispiratrice di poeti e cantanti,

 

meta irraggiungibile di sogni lontani,

 

compagna notturna di viandanti e zingari,

 

lascia che io alzi lo sguardo fino a te,

 

ultima sconsolata preghiera d’un’anima in pena.

 

Tu luna vegli sopra uno strano mondo

 

fatto di pazzi.

 

Qui non c’è amore né comprensione

 

ed io non voglio più starci.

 

Un immenso buio

 

ha schiuso le ali sul mondo

 

e sul cuore degli uomini,

 

e questa notte sembra non aver mai fine.

 

Addio anche a te luna!

 

la mia solitudine è ormai segnata

 

in un presagio di morte

 

che prelude al pianto.

 

 

 

 

SOGNO

 

 

Io cerco

 

quel che non esiste

 

e che nel nulla svanisce

 

in un effimero sogno.

 

 

 

 

IL MISTERO

 

 

Rapito dal tuo vortice

 

sto scrutando il tuo cielo infinito,

 

volteggiando nel tuo vento impetuoso,

 

naufragando nel tuo mare in tempesta,

 

sprofondando nei tortuosi meandri della mia mente,

 

ma sto solo impazzendo

 

perdendomi in un labirinto enorme.

 

Scopro l’ignoranza della scienza.

 

Smarrisco la mia fede.

 

Rimango spaventosamente affascinato.

 

Sulla riva un bimbo col suo secchiello

 

vuol prendere un pò alla volta tutto il mare.

 

 

 

 

 

 

 

NULLA ETERNO

 

 

Non vi fate sedurre,

 

non esiste ritorno,

 

non c’è nulla dopo,

 

morrete come tutte le bestie

 

divorati da vermi.

 

 

 

 

COME IN UN INCUBO

 

 

Penso agli anni della mia giovinezza

 

che mi sono lasciato alle spalle

 

e, per nostalgia,

 

mi viene una gran voglia di piangere

 

e un terribile timore d’invecchiare e di morire.

 

Mi sento dentro

 

terribilmente solo e smarrito

 

con una forte e struggente

 

paura nell’anima,

 

come in un incubo

 

dal quale non posso svegliarmi o fuggire.

 

Qualcosa che non riesco a scacciare

 

mi opprime e tormenta

 

ma non so cosa sia

 

contro cosa combattere,

 

lentamente mi succhia l’energia.

 

Il tempo che mi rimane davanti,

 

oscuro e minaccioso,

 

è una clessidra di morte

 

che m’avvicina sempre più alla fine

 

inesorabilmente.

 

 

 

 

QUESTA VITA BREVE

 

 

Non camminare piano

 

quando puoi correre,

 

e non ti accontentare

 

se ti accorgi che puoi volare,

 

e non restare muto

 

quando puoi gridare.

 

Ascolta la voce della natura

 

e piangi quando hai voglia di farlo.

 

Vivi intensamente l’amore,

 

rincorri la tua felicità.

 

Apprezza il valore della salute,

 

ama chi ti sta vicino come se lo vedessi per l’ultima volta.

 

Non rimandare a domani quello che puoi fare ora,

 

non indugiare e non procurarti rimpianti,

 

questa vita è talmente breve ed imprevedibile,

 

la vecchiaia e la morte son sempre in agguato

 

come belve affamate, sbranandoti quando sei isolato.

 

 

 

 

SOLITUDINE E LIBERTÀ

 

 

Solitudine è libertà,

 

libertà è solitudine.

 

Voglio essere completamente solo

 

per sentirmi veramente libero.

 

 

 

 

PRIMAVERA

 

 

 

Petali di fiori,

 

ali di farfalle,

 

canti di uccelli,

 

profumi nell’aere.

 

Il sole che sorride,

 

il cielo che sta a guardare.

 

 

 

 

L’ARMONIA DEL CREATO

 

Da ogni notte buia

 

rinasce sempre il sole

 

così come dal bruco

 

fuoriesce ogni volta una crisalide.

 

E fra una stella lassù ed una lucciola quaggiù

 

nessuna distanza, la stessa luce.

 

Tra Dio e l’ultimo insetto creato

 

nessuna differenza, la stessa perfezione e l’identico amore.

 

Ogni cuore che palpita,

 

anche il più piccolo che esista nell’universo,

 

è un battito di vita e d’amore.

 

 

 

 

LUNGO LE STRADE DEL MONDO

 

 

Girando a lungo per le strade del mondo

 

ho incontrato tanta gente:

 

bianchi e neri, ricchi e poveri,

 

santi e carcerati.

 

Ho conosciuto servi e re,

 

cristiani e musulmani, suore e prostitute.

 

All’apparenza

 

mi sembravano diversi gli uni dagli altri

 

ma poi li ho visti piangere

 

tutti allo stesso modo.

 

Ho capito dentro di me

 

che esiste una sola razza: l’umanità,

 

un solo gesto: la solidarietà.

 

 

 

DOLCE SILENZIO

 

 

Dolce silenzio

 

cosa mi nascondi?

 

chi può dirmi se m’inganni?

 

se dolori e tempeste son prossimi?

 

e mentre io,

 

estasiato,

 

dalla dolce tua magia mi lascio rapire,

 

chissà quant’altra gente

 

soffre, si dispera, s’abbandona.

 

Dimmi o dolce silenzio

 

dov’è celata la chiave dell’umana esistenza?

 

Che sarà di me?

 

e fin quando goderti posso?

 

perché eterno peregrinar è questo nostro viver

 

e quel poco di pace che mi vuoi offrir

 

è gran gioia per me e di essa mi nutro

 

errando solitario per i campi

 

tra immote piante e assopite creature.

 

Dolce silenzio,

 

immenso tu sei

 

ed il mio esser fragile

 

dinanzi a te si perde sotto l’azzurro del cielo

 

come piccola cosa tra le innumerevoli cose,

 

come formica d’un enorme formicaio

 

persa tra tutte le altre.

 

O dolce e profondo silenzio

 

che all’eterno sonno somigli,

 

prendimi con te e invasami,

 

i miei tormenti assopisci,

 

e nel tuo languor pacato,

 

supino m’addormento in un dolcissimo morir,

 

forse senza mai più mirar

 

la viva luce del sole.

 

 

 

LA LEGGENDA DI CAMILLA

 

Chi di realtà si nutre

 

defunta ombra del nulla eterno è,

 

chi ai sogni crede,

 

la collera del tempo affamato

 

vincerà nei secoli.

 

Fra i castelli fatati dei mie sogni

 

Illa io ti sto inseguendo,

 

è la tua leggenda.

 

Gelosi folletti la raccontano in sogno.

 

 

Una notte di duemila anni or sono,

 

Camilla, una leggiadra ed esile ancella,

 

scrisse nel suo cuore:

 

“L’amor non vien da me, la fede stanca illusione,

 

la mia tenera età fior che appassisce,

 

ai sogni affido il mio avaro destino”.

 

Disperata ma senza lacrime,

 

corse verso quel dirupo che dominava quella valle

 

incantata da filtri magici, popolata da gnomi,

 

e da lassù altissima si gettò

 

gridando al vento prima di schiantarsi al suolo:

 

“Io vivo e vivrò per sempre”.

 

Sopra quella valle,

 

il tempo arrestò la sua corsa affannata

 

e, come per incanto, tutto restò immutato.

 

Ed ancor oggi, duemila anni dopo, il viandante solitario

 

che ignaro non conosce la storia di lei

 

ed attraversa quell’angusta e remota valle,

 

senza veder né capir nulla,

 

ode nel leggero mormorio del vento,

 

l’eco della voce del fantasma di lei

 

che ripete ancora:

 

“Io vivo e vivrò per sempre”.

 

 

Sì, nella mia fantasia,

 

tu Illa sei viva

 

e vivrai per sempre

 

con me.

 

 

 

IL VOLTO INQUIETANTE DEL MIO MALE

 

 

Vorrei svegliarmi da quest’incubo,

 

gettami acqua fresca in viso,

 

il ghiaccio mi assale,

 

scaldo le mani con un po’ di fiato.

 

Cerco in me una via d’uscita

 

ma non esiste fuga,

 

non c’è posto per nascondersi,

 

proteggermi non puoi.

 

Diverso da ogni altro,

 

nella terra di nessuno,

 

tutto intorno tace

 

in un silenzio irreale.

 

Guido senza meta,

 

faccio sesso senza amore,

 

riflesso in uno specchio

 

c’è un fantasma al posto mio.

 

E non trovo le parole

 

per spiegare ciò che ho,

 

ogni cosa intorno a me

 

appare sadica e crudele.

 

È inutile sforzarsi

 

di essere normale,

 

non posso fingere a me stesso

 

proprio non funziona mai.

 

Trascinato dentro un labirinto enorme

 

vedo stanze tutte uguali;

 

in ognuna di esse

 

mi attraggono piaceri sempre nuovi.

 

Sembrano dirmi:

 

“Entra da noi, esaudiremo qualunque desiderio

 

non importa che sia proibito

 

vedrai sarà bellissimo”.

 

Sbagliare è facile

 

se non sai più chi sei,

 

non ho saputo dire no,

 

mi sono perso in un vicolo cieco.

 

La strada ammaliante del piacere

 

mi viene incontro senza ostacoli,

 

preda inerme della concupiscenza

 

tocco il fondo pensando di raggiungere la cima.

 

Sono schiavo del mio istinto,

 

intrappolato nella mia angoscia,

 

c’è un’ombra che mi insegue,

 

dovunque vado non mi lascia mai.

 

In una danza infernale,

 

senza fermarsi mai,

 

girano intorno a me

 

fantasmi ed incubi.

 

Voglio scoprire la tua origine,

 

combattere ed annientare le tue tentazioni,

 

fino a giungere faccia a faccia

 

con il volto più inquietante del mio male.

 

Sì, scaverò nei miei profondi abissi

 

tirerò fuori il demone a cui appartengo,

 

a costo d’impazzire,

 

giuro io mi libererò.

 

La mia anima smarrita

 

ora sprofonda dove non c’è luce,

 

nuda nuota sott’acqua,

 

non riemerge più.

 

 

 

 

 

 

 

  LA MIA ANIMA È NUDA

 

La mia anima è nuda

 

anarchico il mio istinto

 

folle la mia mente

 

immorale la mia libertà.

 

La mia anima è nuda

 

ama i bambini

 

sta al fianco di barboni, disadattati, emarginati

 

adora gli ultimi della classe sociale.

 

La mia anima è nuda

 

non sa vivere in società

 

non scende a compromessi e non concepisce le regole

 

non lavora e non produce.

 

La mia anima è nuda

 

è troppo grande per essere prigioniera in un corpo di carne

 

non può esser limitata dal tempo

 

è uno spirito libero che anela alla libertà assoluta.

 

La mia anima è nuda

 

posta al centro d’una corda tirata ai lati da lussuria e innocenza

 

come un verme striscia e bacia i piedi del demonio

 

poi di colpo s’alza in volo e abbraccia Dio

 

sempre in bilico tra inferno e paradiso.

 

La mia anima è nuda

 

soltanto nell’arte, di notte quando tutti dormono,

 

esce manifestando la sua diversità

 

se venisse scoperta verrebbe fatta fuori e forse anche uccisa,

 

bisogna lasciare dormire tranquillamente la gente,

 

guai a chi provasse a risvegliarli!

 

quando si sta troppo al buio, si ha paura della luce.

 

La mia anima è nuda

 

immortale e ribelle

 

aliena venuta da chissà quale mondo

 

destinata a perdersi e soffrire

 

nel crudele gioco della vita e della morte.

 

La mia anima è nuda

 

scevra da qualunque vanità

 

spogliata nella sua infinita miseria

 

non si lascia etichettare in nessun modo

 

non è né maschio né femmina, né schiava né regina.

 

La mia anima è nuda

 

conosce la sensibilità del male

 

è attratta dal fascino del proibito

 

è inquietante ma sincera.

 

La mia anima è nuda

 

è ancora bambina quando sogna

 

terribilmente vecchia quando insegue la logica

 

morta e sepolta quando si lascia sedurre da religioni e ricchezze.

 

La mia anima è nuda

 

condannata dalla sua stessa sensibilità

 

ad un isolamento senza uscita,

 

non chiede più comprensione ormai

 

sa di averla data ma di non poterla ricevere.

 

La mia anima è nuda

 

dannata

 

salvata

 

ma dannata ancora.

 

Anime perverse, entrate in sintonia con me!

 

sono qui, se volete potete trovarmi

 

non ho maschere e non mi nascondo:

 

la mia anima è nuda.

 

 

 

LA MIA MENTE

 

Silenzi e vuoti intorno a me

 

quiete assoluta nella mia stanza

 

sguardo assente, occhi chiusi

 

la mia mente mi porta lontano fuori da qui

 

mi trascina via con sé e nessuno se ne accorge,

 

prende il largo sulle acque

 

attraversa un fiume tranquillo

 

che cancella i ricordi

 

e li fa scivolare via.

 

La mia mente

 

è volo di idee

 

ragnatele di ragionamenti

 

archivio di esperienze rimosse

 

cassetti colmi di dubbi incessanti.

 

La mia mente

 

è follia pura

 

immaturità e saggezza insieme

 

è un gigantesco pallone

 

che vaga rimbalzando continuamente

 

da un soffice sogno all’altro.

 

La mia mente

 

è finto silenzio

 

fantasie strane

 

vertigini e vortici di pensieri

 

spinta per vivere.

 

Crea una tempesta

 

non dorme la notte

 

incubi che si accavallano

 

sogni che nascono e rimangono sospesi

 

paure e solitudini senza fine.

 

La mia mente

 

è invasa di ricordi che si susseguono

 

notizie divorate

 

date, sentenze, nomi, schede ormai ingiallite

 

profumi di opere buone

 

domande senza risposte

 

amori cancellati e poi riscritti

 

sì che diventano no.

 

La mia mente

 

è un insieme di cose da dimenticare

 

una cantina di occasioni perdute

 

di progetti mai portati a termine

 

di ricordi nostalgici.

 

La mia mente

 

silenziosa corre, vola, sfugge,

 

anela, brama di sapere.

 

Va via col vento, più su delle nuvole

 

sopra gli oceani

 

sorvola spazi infiniti

 

raggiunge nuovi orizzonti.

 

La mia mente

 

mi convince

 

ha sempre la meglio

 

detta le sue leggi

 

ed io non posso sfuggirle,

 

la seguirò perché lei vuole così.

 

La mia mente

 

mi fa impazzire

 

mi fa venir voglia di scoppiare

 

mi lascia i segni di chi ha vissuto un’eternità.

 

Uccidimi il cuore!

 

la mia mente mi resterà ancora intatta.

 

Legami con una catena fortissima!

 

lei mi slegherà,

 

forse neanche la morte fisica

 

potrà riuscire a fermarla.

 

Ti prego mente mia

 

portami con te lontanissimo

 

nei grandi campi di neve dove il sole non c’è

 

nei deserti sabbiosi senza confini

 

nelle praterie immense

 

nei mari in tempesta

 

nelle cime vertiginosamente alte

 

nelle strade vuote senza fine

 

che portano al nirvana e all’estasi.

 

Portami o mente mia

 

attraverso paesaggi sfocati e laghi annebbiati,

 

le mie vene saranno fiumi tra le rocce

 

le mie mani pallidi monti nella notte

 

il mio sangue torrente rosso più del fuoco.

 

Solo con te sulla scia delle ninfe

 

tra cascate argentate, ghiacciai sterminati

 

i miei pensieri frustati dal vento

 

scatenati e prendi, prendi tutto di me!

 

 

 

VORREI

 

Vorrei vagare nell’universo

 

e cercarti ovunque,

 

nelle intrecciate tele di un ragno

 

nel fruscio delle foglie morte

 

nel dondolare dei rami stecchiti

 

nel profumo d’un incensiere

 

sfogliando la Bibbia

 

dinanzi al portone d’un antico monastero.

 

Vorrei essere portato via da te nella tua carrozza

 

lontano dalla prigione d’un grattacielo

 

lungo le strade dell’inverno

 

ed osservare riflessa nel lago argentato

 

la mia immagine vecchia e deforme

 

trasformarsi nella tua pelle giovane e bianca

 

e contare poi una per una

 

le perle della tua corona.

 

Vorrei capire chi sono

 

mostrandoti fotografie sbiadite e diari segreti,

 

mostrandoti la scia luminosa dei ricordi

 

di quello che ero ieri,

 

l’anima immortale che vive nei miei versi adesso,

 

la statua, la lapide e la polvere

 

di ciò che rimarrà dei miei sogni domani.

 

Vento impetuoso della fuggevole immaginazione mia

 

tu spalanchi con forza la porta di questa mia tacita realtà

 

e nelle annebbiate stanze del tuo nido

 

io mi sto sempre più addentrando.

 

Ed ora sento di poterti raggiungere.

 

Vorrei avvicinarmi ma non so chi sei

 

vorrei chiamarti ma non so il tuo nome

 

vorrei seguirti ma tu ti stai sciogliendo lentamente

 

in aria,

 

scompari quando credo d’afferrarti.

 

Eppure io ti inseguo da sempre

 

nei labirinti della mia mente,

 

cercandoti affannosamente

 

in ogni piccolo spazio

 

della mia camera vuota e solitaria.

 

E nelle lacrime della solitudine mia

 

che percorron lente il mio viso pulito,

 

vedo i miei sogni evanescenti

 

morire uno dopo l’altro

 

ed un bimbo,

 

quel bimbo che vive in ognuno di noi,

 

li porta con sé invecchiati

 

fino ad estinguersi

 

nel riposante approdo d’un obitorio.

 

 

NICO

 

Nico!

 

Ti ricordo ancora

 

avevi dodici anni, la mia stessa età

 

solo qualche giorno in meno.

 

Nico!

 

Sei nella memoria coi tuoi occhi scuri

 

una bocca grande ma con pochi denti

 

ti facevo il verso

 

non te la prendevi.

 

Nico!

 

Eri sempre con le brache corte

 

e le gambe viola

 

per il grande freddo.

 

Nico!

 

Ma com’eri buffo

 

con quel cappellino con il paraorecchie

 

una grossa sciarpa fatta da tua mamma

 

come ci tenevi.

 

Nico!

 

Il compito in classe

 

lo copiavi sempre da me

 

eri furbo

 

non so come facevi.

 

Nico!

 

Insieme sulle piante

 

a buttar giù palle di neve

 

alle barbagianne, le ragazzine con gli occhiali

 

quelle proprio racchie.

 

Nico!

 

Non ti ricordi le mele

 

rubate insieme e mangiate di nascosto

 

in quel mercato rionale?

 

E le domeniche d’agosto?

 

correvamo per le strade deserte

 

c’eravamo solo noi

 

chissà cosa volevamo dalla nostra vita!

 

Nico!

 

Eri il mio migliore amico

 

un giorno mi dicesti:

 

“Se fossi nato femmina ti amerei”.

 

Quel giorno al doposcuola

 

ci presero un po’in giro

 

avevano scoperto

 

i nostri giochi strani.

 

Non mi vergognavo di volerti bene, di prenderti per mano,

 

di regalarti il mio affetto

 

quello che riuscivo a darti,

 

quello che potevo darti.

 

Nico!

 

Ma tu adesso cosa fai?

 

chissà se ti sei sposato, se hai dei figli

 

se pensi ancora a noi.

 

Com’era bello uscire da scuola!

 

e col sole o con la neve

 

tornare a casa

 

insieme.

 

Nico!

 

 

 

MADAME CLELIA

 

Un’emozione forte

 

si fa strada nei miei pensieri,

 

lenta scende come un’ombra

 

nella mia realtà ormai stanca

 

e tra la fantasia e l’età

 

mi trascina via con sé

 

in un tempo ormai lontano.

 

Mi rivedo di colpo lì

 

a spiarti dietro la finestra

 

di quella tua tenebrosa casa antica.

 

Sui miei undici anni appena compiuti

 

cadeva già il primo velo di follia,

 

e che sussulti, che tremiti segreti

 

in quelle mie inquiete notti di fanciullo

 

quando impaurito e rannicchiato

 

mi nascondevo sotto le coperte,

 

la mia prima masturbazione

 

la conobbi proprio allora e fu per te.

 

Madame Clelia!

 

Eri grande, troppo grande

 

forse vecchia per i miei occhi e per il mio corpo.

 

Avevi perso il marito

 

ti avevano abbandonato i figli

 

io come un giocattolo, un barboncino

 

ero tutto quello che ti rimaneva

 

nella tua vita mai vissuta

 

sempre attesa, mai avverata.

 

Ancor adesso

 

a distanza di tanti anni

 

non so cosa volessi tu da me

 

né cosa avrei potuto darti io.

 

Ma ti giuro Madame Clelia,

 

tu sei stata per me una regina

 

ti vedevo danzare nei miei sogni di bambino,

 

mi chiedo come mai così bella dentro

 

nessuno, all’infuori di me,

 

ti aveva vista mai.

 

 

 

PAESE NATÌO DI MIA MADRE

 

Al tuo paese torni

 

con me

 

ogni tanto,

 

ma sei triste

 

pensierosa

 

non parli.

 

La tua fontana rivedi

 

i vicoli

 

la piazza

 

che a miglior tempo

 

ti furono amici.

 

Anche la tua casa

 

giace silente e vuota

 

negletti i fiori

 

accanto ai muri.

 

Guardi fissa la chiesa

 

e odi la voce

 

di chi la preghiera

 

t’insegnò a ripetere.

 

Vedi tutti i ricordi

 

segnati da croci

 

cerchi ma non trovi

 

la speme d’un dì.

 

 

 

 

IN SIMBIOSI CON L’UNIVERSO

 

È solo mio questo improvviso aprirmi

 

e rivedere in un attimo tutta la mia vita come in un film registrato

 

e poi simultaneamente

 

allargare le braccia all’universo che mi circonda

 

e respirare a pieni polmoni

 

come volessi trasportarlo in me

 

per sentirmi parte di esso.

 

E poi ancora rivedere con gli occhi della memoria

 

lontanissimo come da un cannocchiale rovesciato

 

me stesso bambino giocare in un cortile

 

e paragonarlo alla luna

 

distante anch’essa mille anni luce da me.

 

E continuare a rivivere nei ricordi

 

la spensieratezza della giovinezza

 

e nello stesso istante

 

dirigere lo sguardo verso l’azzurro del cielo

 

ammirare spazi infiniti

 

nuvole bianchissime come zucchero filato, mongolfiere in volo

 

Ridiscendere poi negli anfratti della mia memoria

 

e riscoprire la ragazza che ho baciato e amato

 

per la prima volta,

 

e confrontare la luce limpida dei suoi occhi

 

con quella delle stelle

 

o semplicemente della stella cometa.

 

Ricordare infine i dolci versi

 

scritti in tenerissima età

 

nella mia prima poesia,

 

immaginando di trovarmi

 

tra fiorellini di campo di vario colore,

 

solleticati dolcemente da un leggero venticello,

 

mentre uccellini nel nido assieme alla loro madre

 

e tanti piccoli animaletti festanti

 

tutti insieme

 

cantano la loro canzone alla primavera.

 

Capisco proprio in questi dolci momenti

 

di non essere solo

 

malgrado il tempo che passa

 

malgrado non abbia una compagna.

 

Intorno a me

 

vedo tutto un mondo magico

 

che pullula d’amore.

 

C’è tanta musica nell’aria che respiro

 

ed ora finalmente anch’io posso sentirla

 

e lasciarla entrare nel mio cuore.

 

Sono in simbiosi con l’universo.

 

 

 

SOLITUDINE UNIVERSALE

 

Uno spaventoso silenzio

 

avvolge tutto l’universo,

 

gli uomini come marionette di pezza

 

si susseguono nel tempo gli uni agli altri

 

e non nascono che per morire definitivamente.

 

Quanta gente nel corso dei secoli

 

mi ha soltanto preceduto!

 

uomini in carne e ossa proprio come me

 

col mio stesso sangue

 

con le mie stesse paure, le mie stesse speranze.

 

Hanno vissuto in tempi diversi

 

e per età differenti

 

ma di loro non è rimasto più nulla!

 

Dov’è l’uomo delle caverne?

 

e gli antichi Egiziani con le loro piramidi?

 

e i gloriosi Romani? e i pensatori Greci?

 

imperatori e papi, uomini comuni ed eroi

 

tutti scomparsi

 

nell’inesorabile scorrere del tempo.

 

Vorrei uccidermi subito

 

al solo pensiero che anch’io farò la stessa fine,

 

è strano come gli uomini

 

continuino a vivere con impegno

 

pur sapendo che dovranno morire,

 

anche se vivessero per cento anni

 

sarebbe sempre un soffio di fiato

 

rispetto all’eternità.

 

Ma poi mi consolo tra me

 

pensando che la solitudine non è solo mia

 

ma è presente in ogni angolo dello sconfinato universo

 

e non esiste gioia più grande

 

del sentirsi parte di questa immensità

 

pur consapevole della propria piccolezza

 

e piangere l’intima fragilità

 

in un pianto accorato e senza speranza.

 

Così mi nasce dentro un’emozione fortissima

 

che, anche se nata dalla disperazione

 

è pur sempre un’emozione

 

e subito dopo rido, rido e ancora rido.

 

Ormai più nulla ha valore per me.

 

Scopro la dolce ebbrezza del non senso,

 

non m’importa della seduzione della fede

 

né del ragionamento della scienza.

 

Sono totalmente felice

 

e la mia gioia scaturisce dalla mia solitudine

 

che ora riesco a proiettare nel cosmo

 

e la solitudine dell’universo

 

è la mia stessa solitudine

 

e mi dà conforto

 

mi rende grande.

 

 

TRISTEZZA

 

Tristezza di cose perdute

 

di voci, di grida, d’amore

 

è struggente la pena che sento

 

come una lama mi trafigge il cuore.

 

Addio nidiata di bimbi!

 

è tanto quel che mi rimane di voi

 

siete riusciti a far sparire il dolore

 

per sempre compagno di vita.

 

Sorridevo felice all’innocenza

 

di nascosto, nel silenzio, tra le ombre

 

in segreto e in perfetta armonia

 

entravate uno dopo l’altro in me.

 

M’illudo di avervi vicino

 

vedo i vostri corpi e li tocco, li sento

 

immagino che siate con me

 

nel pensiero più dolce ch’esista.

 

Ripiomba di colpo ogni cosa

 

in grembo all’eterno destino

 

i vostri visi risplendono come dolci memorie

 

e poi muoiono con un tremulo brillio.

 

 

 

SENSAZIONI

 

È tutta avvolta nel mistero e nella meraviglia

 

questa vita mia,

 

con genuino e infantile stupore,

 

della natura osservo ogni manifestazione

 

fino ad esserne rapito.

 

Con sensibilissima attenzione nel silenzio ascolto

 

le voci, i suoni

 

anche i più tenui,

 

delle piccole cose intorno a me.

 

Affascinato e curioso

 

percepisco la suggestione, la religiosità, il mistero

 

nascosti in esse.

 

Ai miei occhi non appaiono

 

sempre traducibili e afferrabili

 

ma sciogliendosi in musica, in sospiro

 

mi riempiono ugualmente l’animo d’immenso.

 

 

 

INFANZIA LONTANA

 

Storia d’una infanzia lontana

 

ricognizione di un mondo

 

pietrificato nei ricordi.

 

È il canto della memoria

 

che si eleva

 

è profondo, sentito, cercato.

 

In esso

 

si rincorrono

 

gli attimi che hanno lasciato una traccia.

 

Rivivono anch’essi

 

insieme alle cose, alle persone familiari

 

ai sogni di più remote stagioni.

 

La memoria mi appare così

 

come immagine sovrapposta al presente

 

e i suoi impulsi,

 

ritornando dal passato,

 

s’intrecciano sinfonicamente,

 

trovano una finale armonia.

 

 

 

 

SULL’ORLO DELL’ABISSO

 

Dimora in me

 

un continuo e sempre vivo bisogno d’innocenza

 

come memoria limpida, essenziale

 

non coperta da incrostazioni.

 

Tornano nella mia mente

 

lontane primavere, gigli appassiti

 

come visioni taciturne e distanti

 

e tra echi sepolti

 

in un urlo senza voce

 

cadendo vittima del segreto logorio della vita,

 

subisco inerme la vecchiaia

 

come qualcosa di ineluttabile

 

stagione ultima, cupa e persino squallida

 

in cui sopravvive solo la memoria.

 

Non è tanto l’immagine della decadenza fisica

 

dell’inarrestabile declino che mi colpisce,

 

quanto la fugacità, la brevità del tempo

 

lo spazio attraversato in un lampo da ogni cosa,

 

anche le immensità celesti

 

dove ho cercato quasi un punto focale

 

della mia esistenza.

 

Oggi sono immerso nella follia più lucida,

 

il mio mondo è l’irrazionale, sembra una maledizione o una profezia

 

il mio pensiero si muove sempre sull’orlo dell’abisso.

 

Non c’è più luce, non c’è chiarezza

 

nel mondo informe, tumultuoso del mio vissuto.

 

Mi sgorga dentro un’impressione d’inerzia, di passività

 

che traspare dalla contemplazione della natura,

 

ha il gusto del tempo e delle sue rovine

 

perché quest’ultimo, pur nella disperazione e nella malinconia,

 

è il solo che mia dia una qualche trepidazione

 

un’incertezza, una sorpresa.

 

 

 

 

IL MIO IO COSMICO

 

Vedo vivere e sfiorire intorno a me

 

inesorabilmente

 

le persone, le cose, le stagioni

 

preda d’un sentimento panico dell’universo.

 

Trovo conforto abbandonandomi nella natura

 

per dimenticare in essa la mia forma umana

 

accogliendo nel sangue

 

il brivido solare d’una vita pura.

 

Il mio io cosmico pone la propria oggettività

 

per poi tornare a se stesso

 

nel perpetuo flusso della vita.

 

Mi fondo nella natura

 

contemplando il momento in cui l’amore

 

sarà libero fuori dal corpo

 

per farsi cielo.

 

Sublimo l’anima con i sensi

 

ma non interrompo il contatto fisico col mondo.

 

Forse spero di trovare in fondo alla strada percorsa

 

il silenzio e la solitudine dell’universo

 

anche quando silenzio e solitudine

 

sembrano chiudermi e annientarmi.

 

 

 

SFACELO

 

Gioco artificiale e platonico di specchi

 

sempre mutevoli

 

con tante facce e tante luci,

 

non trovo il filo interiore

 

quello vero e profondo,

 

cado così nel gioco delle invenzioni

 

delle contraddizioni.

 

Una totalità non trovata

 

che rivela disagio, sofferenza.

 

Cerco rifugio altrove

 

senza sapere dove

 

ma ciò che mi rimane di questa umana fatica

 

è la coscienza di una prigionia

 

e mi sento rinchiuso nel cerchio delle mie abitudini, paranoie

 

che si avvicendano in modo sterile.

 

Sogno impossibili evasioni attraversato da sussulti e vertigini

 

invano lotto per non essere travolto dal tempo

 

ma l’amore mi appare perduto

 

tra la cenere dell’esistenza.

 

Archivio la memoria

 

come un mondo ormai passato per sempre

 

fatto di resti sospetti,

 

tracce che tendono a scomparire nel tempo

 

come carte antiche e indecifrabili

 

vere e proprie reliquie.

 

Sopra tutto questo sfacelo

 

aleggia sovrano il sentimento del tempo

 

che sfugge, che rovina, che travolge.

 

Non mi rimane

 

che una ragione stanca, ferita

 

al limite della resistenza

 

ma non vinta

 

che cerca in fondo alla dolcezza,

 

nella disperazione,

 

la speranza d’una morte amica.

 

 

 

LA LUCE DEL COSMO

 

Come per magia

 

il divino traluce

 

o affiora nei margini del mistero sovrasensibile

 

e la mia anima s’insinua

 

tra sensazioni terrene e misteri dell’essere,

 

nelle cose che l’occhio può scoprire mutate

 

in una luce e un suono

 

insospettato, nuovo, più profondo.

 

Sento nascere in me

 

il bisogno di illuminare con la luce del cosmo

 

le cose infinitamente piccole.

 

La mia anima così si fa largo

 

e nello spazio che mi creo

 

c’è il senso del tempo, del moto, del divenire,

 

e insieme del mistero

 

che avvolge il mondo delle mie sensazioni.

 

Entro in contatto

 

con tutto ciò che ignoro, intravedo, avverto

 

e soltanto in quell’istante,

 

sia pure con animo turbato,

 

riesco a capirmi.

 

 

 

PRESENZA VIVA

 

Momenti magici, favolosi

 

della mia infanzia,

 

ricordi evocati

 

da attimi di malinconia,

 

visioni incantate

 

della mia terra natìa.

 

Naufrago dolcemente

 

in un’infanzia che è ormai

 

il mito di se stessa,

 

e del dolore che l’ha portata via.

 

Pur tuttavia è suono, movimento

 

vita che trascorre.

 

Non la confronto con altri silenzi

 

con gli arcani mondi dell’immaginato

 

dello sperato, d’una irraggiungibile felicità.

 

Diventa invece voce intima del ricordo

 

presenza viva di qualcosa che passa

 

come echi, rintocchi.

 

Immersa nel tempo fluido

 

la natura come per magia

 

penetra nel tessuto della mia anima

 

e si fa poesia

 

ne scioglie i nodi, ne ispira i versi

 

è pianto che rasserena.

 

 

 

 

L’ALBA DELL’UOMO

 

Da un chiarore lontano

 

spunta l’alba

 

repentinamente

 

e colora di luce il nuovo mondo.

 

Intorno,

 

piante stecchite

 

animali selvatici

 

grotte e caverne buie.

 

Si svegliano anche gruppi di scimmie

 

sono nude come vermi della terra,

 

schiamazzano

 

litigano

 

si riuniscono.

 

Qualcosa sembra dire loro:

 

“Uniamoci

 

e combattiamo insieme”,

 

una battaglia che durerà nei secoli

 

sino alla fine dell’universo

 

se fine ci sarà.

 

 

 

MIA EVA

 

Mia Eva! Inizio della fine

 

sei tu la prima donna

 

l’origine delle mie perversioni

 

il pretesto per la mia follia

 

la madre dell’animale che è in me,

 

hai creato il mio istinto che ormai è morboso

 

il mio desiderio che è già sporcato.

 

Nel paradiso terrestre, trascinato indietro di mille secoli

 

io ti osservo nuda, allucinante visione,

 

misteriosa e invitante. Giochi con le armi della seduzione.

 

Dammi la mela ti prego, che aspetti?

 

voglio mangiarla!

 

è eccitante peccare

 

se tu mi sei vicina, nel pericolo mi sento al sicuro.

 

Dimmi dov’è il serpente, l’hai calpestato o no?

 

Voglio essergli amico e non mi farò esorcizzare.

 

Non mi importa di rimanere dannato per l’eternità

 

di lavorare, sudare e morire

 

di bruciare nelle fiamme dell’inferno,

 

l’importante è averti accanto.

 

Sei tu la causa del mio male

 

ma lo stesso male è ambiguo

 

cambia forma quando credo di conoscerlo.

 

Dal giorno che mangiasti quella mela

 

ogni uomo è sempre guidato

 

dalla follia d’una donna.

 

 

LA RIGENERAZIONE

 

Albero solitario

 

che mi aspetti in un campo di grano,

 

io ti vado incontro

 

e ai tuoi rami

 

mi appendo.

 

Ora sono appeso ai tuoi rami

 

e dondolo felice.

 

Tu ed io siamo un solo essere

 

una sola forma.

 

 

 

IL MIO FUNERALE

 

Come quando ci si toglie un abito

 

così avevo lasciato il mio corpo con i suoi pesi

 

ma ero vivo in una dimensione di immortalità e benessere.

 

Lento veniva trasportato

 

un corpo straccio

 

dentro quella bara

 

avara di ghirlande,

 

quel corpo era il mio

 

sì, ero io.

 

E quel carro funebre

 

attraversava le strette vie

 

che portavano a quel piccolo cimitero di collina

 

dove io fui sepolto

 

e riposo di già.

 

Scialli neri

 

vecchie facce coperte da veli

 

silenziosa processione,

 

dormiva mio padre

 

piangeva mia madre

 

quell’accompagnamento era il mio

 

sì, era il mio

 

ma io non capivo, ero felice fuori dal tempo

 

al di là dello spazio

 

e dall’alto osservavo stupito

 

quello strano spettacolo

 

sulla mia morte.

 

 

 

 

COINCIDENZE

 

Seguo una linea grandiosa

 

un’acutezza di senso

 

capace di rendere concreta

 

persino la fantasia.

 

E la visione

 

che parte generata dalla mia anima

 

si spande al di là degli orizzonti,

 

al di sopra delle piccole cose domestiche

 

ed è bellissimo

 

sentire come il senso dell’infinito

 

coincida fino a fondersi in uno stesso clima

 

con le cose più piccole.

 

 

 

NULLA È LONTANO

 

Grandezza e malinconia interiore

 

e povertà del mondo presente

 

ma la trasposizione mia

 

muta i termini del dissidio

 

ed è il bisogno di sognare

 

che rende grande l’opaco atomo terreno

 

illuminandolo di altre verità.

 

La fantasia ora avverte nel mondo

 

più segreti e profondi significati

 

dà immagine all’eco

 

si spande in altri mondi

 

si dissolve nell’immensità.

 

Ormai nulla è lontano dal mio spirito.

 

 

 

 

IL MARGINE SILENZIOSO DELLA MEMORIA

 

Nel margine silenzioso della memoria

 

che non è presente in me,

 

trovo rivelazioni e scoperte

 

un ricchissimo terreno umano.

 

La poesia restituisce alla vita

 

i nodi segreti

 

i ricordi assopiti

 

le reazioni più remote,

 

fa conoscere una nuova dimensione del reale,

 

a volte contro la ragione

 

a volte in armonia con essa,

 

sempre con libertà.

 

 

 

 

EGOISMO SOLITARIO

 

Sono il re

 

del mio egoismo solitario

 

che ha coscienza

 

soltanto per esprimerla in privato

 

in una totale esaltazione dei sensi.

 

Io non cerco più

 

un rapporto dialettico tra me e gli altri

 

e la mia concezione estetizzante della realtà

 

diviene dominio sulla folla,

 

forma una solitudine privata

 

dove il mio pene riaffiora docile tra le mie mani

 

fino a divenire una strana sensualità

 

fuori dai sensi

 

trasformata in un processo di spiritualizzazione.

 

 

 

ALLA DERIVA

 

È grigio il clima del perenne essere.

 

Tutto è caduto

 

le speranze perdute, le preghiere vane

 

le parole inutili, l’amore illuso

 

le primavere sfiorite, gli ideali mortali.

 

Ma non v’è più dramma in me

 

in questo continuo appassire e morire

 

ma completo abbandono.

 

Accetto di andare alla deriva

 

lasciandomi cullare dalla marea del tempo

 

in cui tutto si dissolve

 

fino a compiacermi del mio dolore.

 

È dolce sentirsi vittima, indifeso, inascoltato.

 

Capire che persino la vanità delle cose

 

diventa pura armonia.

 

 

 

VERRÀ POI LA MORTE

 

La mia vita passerà molto presto

 

drammatica e patetica

 

e con essa anche la sua ricchezza

 

fatta umana dalla fatica.

 

Il tempo,

 

un male che impoverisce la vita,

 

mi toglie ogni energia vitale,

 

il mio corpo senza speranza e senza salvezza

 

si rivolta, si risparmia, geme

 

s’illude ancora di strappare giorni, ore, minuti alla fine.

 

Ma vi è un altro male

 

subdolo e ancor più disperato:

 

quello di essere completamente solo

 

nell’umana comprensione di sé

 

costretto a tacere e fingere,

 

a rivedere il passato riflesso

 

nelle lacrime degli occhi che piangono

 

in un profondo bisogno di confidenze.

 

Triste appare allora il volto della memoria

 

come immobile silenzio che tende all’astrazione.

 

Verrà poi la morte del corpo

 

il distacco amaro.

 

 

 

LA MIA SOLITUDINE

 

Schivo mi stupisco di vivere

 

mi sento staccato ed incompreso

 

da tutti gli altri uomini.

 

Mi aggrappo agli scarti della vita

 

tutto il resto è inconsistente.

 

Non mi aspetto comprensione

 

né consolazione né tregua

 

consapevole della mia solitudine.

 

Ho scelto liberamente l’aridità e il deserto

 

e osservo le cose della vita

 

prosciugate e fisse

 

come simboli magici in una luce rarefatta.

 

 

 

LO STRAZIO D’ESISTERE

 

Urlo di masse

 

voci, passi, gesti

 

tra pietà curiosa e fanatismo,

 

irrazionale catena di incubi e fobie

 

ai margini dell’ossessione.

 

La personalità umana si lacera

 

il senso dell’alienazione incombe

 

la coscienza si smarrisce.

 

Spinto da una sofferenza solitaria e indecifrabile,

 

contagiato dalla multanime esistenza

 

affogo lentamente nel caos

 

e non ho scampo

 

se non nella perfetta solitudine.

 

 

 

LA MIA FOLLIA

 

L’infinita miseria della vita

 

la solitudine del mondo

 

la caducità della fama che passa.

 

E poi la morte delle persone care

 

l’incombente paura delle malattie

 

il continuo vagabondare senza pace dell’uomo

 

acuiscono la mia sensibilità

 

ma accrescono i sintomi della mia follia.

 

Cupe ombre di pazzia

 

si addensano minacciose su di me

 

travestite da un’atmosfera di lucida estasi.

 

È il dramma della mia ansia angosciante

 

la disperazione di tutto il mio essere

 

forse creato da Dio

 

ma poi lasciato a se stesso

 

privo d’identità, privo di vita

 

impossibilitato di comunicare

 

di capire e farsi capire.

 

 

 

 

LA MIA MODESTA FORMA UMANA

 

Ormai ridotto ad accettare la mia condizione

 

di uomo consapevole del proprio destino,

 

sento tristemente che la vita in me

 

invecchia inesorabilmente

 

che altri sentimenti, altre idee

 

mi nascono nell’anima,

 

che arte e vita procedono insieme,

 

e la poesia della mia vita solitaria

 

diventa essa stessa memoria.

 

Non è più la storia d’un uomo

 

che cerca l’illusoria grandezza dell’universo

 

ma semplicemente la povertà di chi

 

insegue soltanto la sua modesta forma umana.

 

Affido alla mia scrittura,

 

unico ed ultimo appiglio rimastomi,

 

la speranza di trovare ancora

 

punti luminosi sul mio cammino terreno

 

proiettandomi fin quando mi sarà possibile

 

e ne avrò ancora la forza,

 

nel tempo e nell’universale,

 

solo così la realtà della poesia

 

potrà apparirmi più ricca di significato

 

di quella della vita.

 

 

 

 

DESIDERIO D’INFINITO

 

Un sentimento dell’esistenza umanissimo

 

mi scorre dentro,

 

la mia spiritualità

 

è attraversata da malesseri sublimati

 

da torpori e da abbandoni,

 

trasalimenti e sofferenze confessate,

 

si distacca dalle cose terrene

 

diventa consapevole della fugacità umana,

 

è poesia per questo suo fluire

 

in mezzo alla vita

 

non ancora del tutto purificata

 

non ancora donata a una fede.

 

Le mie parole sono ultime gocce d’una vena

 

che ha già dato ciò che poteva dare.

 

La strada che porta alla bontà

 

mi libera dall’ansia

 

restituendomi un desiderio d’infinito.

 

 

 

 

LA FAVOLA DI UNA PICCOLA LACRIMA

 

Da una bimba e un pianto

 

nacque lei

 

piena di paure e ingenuità

 

chiara e trasparente

 

dai suoi occhi si affacciò

 

e da quelle ciglia sottili

 

piano piano scese giù.

 

Attraversò quel viso

 

dai lineamenti dolci

 

pulito di bambina

 

e per il mondo

 

sola sola

 

s’incamminò.

 

Ma era troppo ingenua

 

non conosceva il male

 

e la sua vita

 

era già in pericolo.

 

E passarono in fretta gli anni

 

e anche le stagioni

 

venne presto l’inverno

 

portando con sé la pioggia.

 

Tante grandi gocce

 

cadevano giù dal cielo

 

tutte insieme,

 

erano prepotenti

 

si spingevano tra loro

 

si bisticciavano.

 

La dolce lacrima ben presto

 

si trovò sommersa

 

cercò di ribellarsi

 

ma era troppo buona

 

e non aveva la forza.

 

Così per non morire

 

pensò di tornare

 

dentro quegli occhi

 

dov’era nata.

 

Sola e stanca

 

cercò quella bambina

 

la cercò dovunque

 

e la trovò alla fine.

 

Ma era ormai cresciuta

 

non era più bambina

 

il suo viso era truccato

 

non si ricordò di lei

 

e la cacciò via con forza.

 

Così la povera lacrima

 

restò proprio sola

 

in balìa di tutti

 

senza alcuna difesa.

 

Vagava per il mondo

 

ignorata da chiunque

 

sembrava invisibile

 

trasparente

 

proprio come una lacrima.

 

E venne il sole

 

e con la sua luce

 

forte forte

 

la illuminò.

 

Ma era ormai vecchia

 

allo stremo delle forze

 

e lentamente

 

si sciolse da sola.

 

Finisce così

 

la sua insignificante vita,

 

la sua insignificante storia

 

e nel silenzio,

 

la gocciolina

 

muore.

 

Così è il mio destino

 

la storia di quella piccola lacrima

 

è uguale alla mia.

 

 

 

 

 

 

 

IL SILENZIO NEL SILENZIO

 

Erba appena bagnata sulla livida terra,

 

odore di pioggia da poco caduta

 

trasporta nell’aria bollicine di sogni

 

in questo autunno che scorre lento…

 

Silenti alberi ammutoliti e spogliati

 

attendono stanchi giovani foglie,

 

con la nuova stagione arriveranno

 

in questo autunno che respira lento…

 

Un colore giallognolo suggestivo e irreale

 

avvolge ogni cosa di magico incanto,

 

sfumature di anime invocano il sole

 

in questo autunno che sbadiglia lento…

 

Piante e animali stanno dormendo,

 

la natura è un fantasma che si aggira ramingo,

 

persino le pietre chiudono gli occhi arrossati

 

in questo autunno che dorme lento…

 

Non si avvertono rumori, non si odono lamenti

 

non c’è più linfa, è sottratta ogni energia

 

domina il nulla immobile e statico

 

in questo autunno che tace lento…

 

Una coltre di nebbia come una nuvola

 

disegna il paesaggio di malinconica assenza,

 

una sottile tristezza scende sul cuore

 

in questo autunno che muore lento…

 

E in questo bosco solitario e sperduto

 

dove anche il vento non ha la forza di soffiare,

 

io perdo me stesso ed i miei pensieri

 

e nel silenzio io rimango in silenzio.

 

 

NARRAMI L’ADDIO

 

Dimmi del tuo verbo,

 

preziosa fioritura

 

d’un ramo di ciliegio,

 

slegando il tuo pensiero

 

nel soffio del maestrale.

 

Parlami dell’onde,

 

in gioielli di turchese,

 

che il mare partorì

 

nel ventre dell’aurora.

 

Suonami il canto

 

che desta il fiume di memorie,

 

aprendo tra le rocce

 

profonde feritoie.

 

Dell’erbe, poi, donami il profumo

 

che al mondo porta il suo risveglio,

 

dopo fiocchi candidi di dolci nevicate

 

narrami l’addio del freddo sonno.

 

 

 

FOGLIE D’AUTUNNO SUL CUORE

 

Non cede il passo alla morte

 

questo silenzio di riflessi tenui

 

nel meriggio,

 

un dolce intreccio di piccole luci

 

che divorano, tremule, ombre ovattate.

 

Forse solo l’impercettibile suono

 

d’un brusio lontano

 

che giunge sfidando pensieri assopiti,

 

carezze morbide, candide piume che vengon giù

 

come foglie d’autunno sul cuore.

 

 

 

 

GIRASOLI

 

Sfidavano austeri

 

azzurri afosi,

 

lo sguardo profuso d’incanti

 

nei tramonti sterminati di terra,

 

l’onda gialla di petali solari

 

come una mano dalle lunghe dita.

 

Era una culla ad arte plasmata

 

dalla grande anima del vento,

 

e quei giorni irradiati di speranze,

 

nel calore biancastro dei desideri,

 

offuscavano sovente i sensi

 

abbandonando l’anima

 

ai passi selvatici del vivere.

 

 

 

 

CHIOME DI MANDORLI IN FIORE

 

Così modellata in ambrato miele

 

venne al mondo la resina bluastra del mattino,

 

protesa al chiarore di poche nubi sfumate

 

tra chiome di mandorli in fiore.

 

Primavera! dissero, ma era solo

 

la magia d’un antico risveglio,

 

l’intarsio indolente di colline smeraldo,

 

l’eco stordito dei passeri in volo.

 

E nel lampo dei primi bagliori,

 

dipinta in turchese fu l’onda del mare

 

nel ricamo perenne di schiume d’avorio.

 

 

 

 

NEL BAGLIORE D’UN TRAMONTO

 

Qui ti vedo,

 

struggente nube del mio cielo,

 

nel riflesso di ricordi sulla pianura quieta,

 

nella foschia che avvolge

 

le colline addormentate di crepuscolo,

 

nel silenzio che sospinge

 

la mente oltre l’orizzonte:

 

io ti vedo.

 

Ancora non mia.

 

Ancora uccello in volo,

 

vento che passa e non resta.

 

Sfuggente nube del mio cielo silenziosa e inerte

 

nel bagliore d’un tramonto,

 

che muore.

 

 

 

PROFUMO D’AUTUNNO

 

Calici rubini,

 

foglie arse

 

nel morire dei passi in fondo al viale.

 

Oltre cristalli di liquida pioggia

 

speranze esili come fuscelli spogli,

 

le dolci parole di stelle in delirio

 

per il nuovo addio alla calda stagione.

 

Carezze rideste di foschi cieli

 

languore di nubi nel profumo d’autunno

 

e le candide nebbie

 

che avvolgono il ventre in orme dolenti.

 

Solo ieri eravamo erba di primavera

 

oggi soffio di gelido vento.

 

 

FUSI NEL VERDE

 

Spiano, tra le fronde,

 

pallidi volti senz’arti,

 

così stupiti di vedere,

 

fusi nel verde come riflessi

 

d’uno stesso smeraldo.

 

Due cuori poi vennero,

 

mano nella mano,

 

dal ventre d’ogni pianta,

 

come respiro di vita

 

linfa dell’essere.

 

E non fu solo amore

 

il passo del cammino,

 

ma molte altre storie

 

ancora da narrare.

 

 

PASSI DI LUCE

 

Passi di luce,

 

in contrasto di cielo,

 

deformano il tratto

 

lievemente ambrato

 

della carezza erbosa

 

tra capelli leggeri.

 

Alcova di fiabesche creature

 

forse elfi assorti

 

in dolci preghiere

 

o sogni di nubi

 

che spalancano piano

 

sguardi radiosi

 

sul nostro piccolo mondo.

 

 

 

IN RELIGIOSO DELIRIO

 

Mi porterai farfalle

 

sul palmo della mano,

 

come petali d’arcobaleno sconnessi.

 

Le maschere del cuore,

 

in religioso delirio,

 

resteranno mute ad osservare

 

valanghe di colori travolgere il mondo.

 

 

 

 

RIVE LONTANE

 

Rive lontane

 

che placide attendete approdi

 

di cuori smarriti,

 

nella carezza di nebbie

 

osservo il vostro sorriso languido

 

sfiorato da voli eterei.

 

Tremulo il volto del giorno

 

m’appare incerto nella meta

 

da questo vascello corroso

 

che custodisce l’anima.

 

Voce di quiete regna su queste terre,

 

al di là dei mondi conosciuti,

 

qui solo gli Erranti possono arrivare

 

per abbandonarsi ad indicibili sogni

 

nella placida culla d’acqua sciabordanti.

 

Ma, ahimé, pochi giungono alle rive lontane,

 

a sfiorare giunchiglie flessuose di vento,

 

poiché i loro cuori, bramosi e impuri,

 

rimangono impigliati nel velo di foschie.

 

Il canto dell’oblio, poi,

 

giunge inaspettato come soffio di gelo

 

a costruire monumenti di cenere.

 

Dimore di freddo marmo

 

assiepate tra i boschi silenti

 

popolano le solitudini umane,

 

meschine creature,

 

presuntuose e corrotte anime

 

che sgretolano il loro essere

 

al tocco del sole ardente.

 

Rive lontane, aspettatemi!

 

con fragili ali d’umanità

 

anch’io, vi sto raggiungendo.

 

 

 

CANCELLI

 

Varchi di nebbie dense

 

come cancelli aperti

 

sui giardini dell’inverno,

 

accarezzano marmoree figure, antiche armature

 

che sembrano prendere forma e riacquistare vita

 

lungo sentieri traslucidi d’ombre.

 

Tra il soffuso crepitio dei passi,

 

soffici foglie danzano la fine

 

nel profondo silenzio del nulla

 

come un leggero vapore che scema la terra.

 

Fra le dita del crepuscolo

 

aprirò i miei cancelli.

 

O cielo, fa’ che questa notte mi sia sorella

 

affinché possa spargere i miei bagliori

 

e fonderli in stelle!

 

 

 

COME UN CORVO

 

Una goccia di sangue rubino,

 

rosso che stinge nel blu,

 

s’oscura eclissando i pensieri

 

negli antri bui d’un qualche incubo recondito.

 

È forse il presagio che incombe sull’anima

 

come una mano che dipinge ghiacci,

 

è l’odore acro d’ataviche tempeste

 

che implacabile spazza aridi steli.

 

È il sapore di lacrime mischiato ad uva acerba

 

nel vortice d’un grido che frantuma il silenzio

 

come un corvo che plana rapace

 

sui rami avvizziti d’un gelido inverno.

 

 

 

 

AMBROSIA

 

Nettare divino,

 

capriccio di un dio pagano,

 

inzuppami di cieli d’anima ed inebriami

 

in questa notte in cui le stelle

 

suonano violini di luce.

 

Geme un angelo ai piedi di un muro infinito,

 

i suoi occhi hanno veli di colori,

 

cerco nelle sabbie e nei venti

 

qualcosa che assomigli a verità,

 

ma solo stracci di bugie nascono da albe stanche.

 

Ere infinite sono trascorse in queste terre,

 

tombe e muschi han ricoperto i prati,

 

i fiori della notte sono sbocciati con petali d’incanto

 

liberando lussuriosi profumi.

 

Nettare che disseti,

 

versa la tua essenza su questi mondi di uomini dormienti,

 

destali da sonni eterni che accarezzano destini,

 

lascia che la luce trafigga gli astri, che volino colombe,

 

che remino barche verso la riva,

 

non lasciarci in balia del buio, in città martoriate,

 

a levare il canto d’una preghiera muta.

 

Io cerco il tuo aroma nel calice di fiori di rugiada,

 

spargo nenie al vento che mi travolge.

 

Sulla strada del fiume vidi una donna …

 

i suoi occhi si posarono su me,

 

aveva un mantello di dolcezze e il volto dell’amore.

 

Ombra della mia ombra divenne il mio passo,

 

sangue del mio sangue la sua vita terrena,

 

ma ci divorò una bestia atroce.

 

Ora sono tornato al calice dell’anima

 

a bere questo nettare di illusione.

 

Lasciami ai miei sogni, donami follia,

 

canto con l’arpa in mano gesta di tempi che furono,

 

sull’orlo della notte inseguo favole impazzite.

 

 

 

 

ALI DI CERA

 

Carezze di crepuscolo

 

pervase di zagara

 

nel gioco di tenui riflessi

 

han spiegato ali di cera,

 

bianchissime e candide

 

lingue di pace

 

al galoppo del vento.

 

Forse eterei angeli

 

venuti dal nulla

 

prodighi di sogni

 

ed ingenue purezze.

 

Forse demoni arresi

 

alla bellezza del cielo

 

stanchi d’eresie infernali

 

o semplici ricami di luce

 

intarsiati d’ombre incombenti.

 

 

 

 

SUSSURRI MILLENARI

 

Segni di civiltà lontane

 

perse nella notte dei tempi,

 

la terra riporta alla luce

 

vite disperse nel cosmo.

 

Le pietre mute testimoni,

 

raccontano storie

 

a chi ha orecchie magiche

 

per ascoltare il suono del vento,

 

di mille foglie che sussurrano instancabili

 

la vita.

 

 

 

 

CHIAROSCURO

 

Entra una luce obliqua,

 

di sole dimenticato,

 

dalla finestra del tempo

 

a schiarire la scabra stanza.

 

Ombre in controluce

 

mi vengono incontro lievi,

 

come foglie di un autunno senza fine,

 

volteggiano nell’anima.

 

Presto il tuo volto

 

delinea contorni in chiaroscuro,

 

un canto… un sussulto…

 

colma siderali silenzi.

 

– Ti prego ombra, danza con me! –

 

Vestimi d’innocenza bambina,

 

quegli echi di risa perdute

 

risuonano ancora

 

come carillons fatati.

 

Sono petali di dolcezza

 

che piovono su noi,

 

visioni mai osate,

 

sogni d’immensità,

 

delitti di desideri abbandonati.

 

E al fine, quando tutto cessa

 

e il sogno si dilegua lesto

 

nella notte silenziosa,

 

resta sulla mia retina, impresso,

 

un chiaroscuro dal tratto incerto,

 

come se quella mano che disegnò

 

non avesse fatto in tempo

 

a trattenere l’attimo di luce.

 

 

 

L’AMORE

 

L’amore…

 

triste fantasma dei miei ieri

 

sparge ancora a tratti

 

leggeri petali sul cuore.

 

Come angelo ferito,

 

che perde le sue piume in nevicate di dolore,

 

ricopre i desideri di velati risvegli,

 

dolce il suo tocco ferisce a sangue l’anima

 

travolgendo i sogni in impossibili minuetti.

 

Arpeggi dolcissimi di malinconie

 

inghirlandano giorni d’autunno sfumati,

 

somigliano a rose dischiuse sul sentiero di lievi respiri.

 

L’amore…

 

rondine smarrita senza primavere,

 

archi che disegnano ombre al tramonto,

 

oceano ed onde

 

castelli di smeraldo,

 

draghi sconfitti da lance avvelenate… l’amore.

 

Eppure, m’è parso, stamane

 

nel riverbero d’un’alba rassegnata,

 

sentirlo alitare ancora in liquidi ardori

 

sciogliendo le sue chiome di fuoco ai miei passi.

 

 

 

ACACIE STRIDENTI

 

Nell’aria a frusciare

 

ibridi sonagli dai vaghi colori,

 

protendono il verso, leggiadro,

 

al sentore del vento,

 

nel fertile giugno delle chimere.

 

Sono acacie stridenti di pudiche foglie

 

che sfiorano magiche il velo del cuore.

 

 

 

 

LA TRISTEZZA DEL REGNO DI AWEL

 

Del breve passo d’un istante

 

si nutrono le gioie terrene,

 

lampi fugaci, temporali evanescenti

 

la luce cangiante nel ventre della foresta

 

cela eterni misteri,

 

solo i liquidi occhi di una pioggia di novembre

 

possono sfiorare ingenui

 

le foglie smeraldine del Regno di Awel.

 

Il re senza corona,

 

che regge lo scettro degli Aracnidi,

 

non sa che la sua regina è scivolata in una brezza d’oblio

 

e canta sospirando l’antica nenia del ritorno.

 

Ma la gioia

 

è cosa assai più rapida d’un batter di ciglio,

 

mai più i passi di colei che intrecciava margherite

 

accarezzeranno il mattino con petali candidi,

 

nelle nuvole è rimasto il suo alone,

 

nel vento, il profumo triste del perduto amore.

 

 

 

GL’INQUIETI FOLLETTI DEL CUORE

 

Nella penombra avvolgente

 

d’un pomeriggio d’estate,

 

un’esplosione di luce colpisce

 

i muri bianchi dell’anima

 

corrodendo ogni pietra

 

sulla strada polverosa di caligine.

 

Fasci di luce, che sembrano lame,

 

entrano nelle stanze sonnolente

 

ferendo le persiane accostate

 

nell’attesa di baci di luna.

 

E nel pulviscolo indecente,

 

che il sole svela denudando, danzano ora

 

gl’inquieti folletti del cuore.

 

 

 

 

INCANTESIMI

 

Ho udito voci stregate sulle soglie del buio

 

bisbigliare incessanti nenie ancestrali.

 

Invadono sentieri scoscesi,

 

riflessi d’indaco sfumato,

 

tra le foreste e i campi,

 

baciando lapidi addormentate d’eterno.

 

Nell’abside della luna, poche stelle,

 

ergono cattedrali di smeraldo

 

sulle rovine del giorno sconfitto,

 

mentre una pioggia di piume d’angeli feriti

 

trafigge l’oscurità di candida dolcezza.

 

Fili d’erba a frusciare come arpe celtiche,

 

arcaici suoni di mondi dimenticati,

 

risvegliano indicibili malinconie

 

nella danza del vento.

 

Sortilegi di streghe nelle caverne del desiderio

 

stringono in un abbraccio d’edera

 

le nostre passioni,

 

avvinghiate in un sudario febbrile.

 

I nostri corpi trasformano ombre

 

in coreografie di luminosi draghi.

 

Rose carminie sbocciano ad ogni nostro respiro,

 

elfici sussurri fremono tra le umide foglie dell’anima,

 

freschi effluvi d’incensi muschiati si fondono

 

in litanie di gufi nebbiosi

 

e la tua mano scivola lieve tra le guglie del cuore

 

come fumoso spettro etereo, imprendibile,

 

che accarezzando sepolcri e rovine, subissando anatemi

 

spezza segreti incantesimi e sigilli arcani.

 

 

 

 

FOSCHI RESPIRI

 

Animami!

 

come nella notte di plenilunio,

 

cadavere obliquo sui miei fianchi di cera.

 

Straziami!

 

lungo la pelle di graffi indossati

 

con stellati artigli di liquide ombre.

 

Accecami!

 

con occhi stregati intrisi di perle e pugnali,

 

suadente pressione di foschi respiri.

 

Stregami!

 

con dense parole rubate alle tenebre

 

intarsi netti del cuore profondo.

 

Uccidimi!

 

nell’eco rimbombante d’illusioni tragiche,

 

il mio lento veleno

 

talamo e sudario del tuo ventre oscuro.

 

Ora sono pronto

 

a far l’amore con la morte.

 

 

 

 

 

LONTANE ORME

 

E scenderò

 

lungo le sponde acquatiche dell’origine,

 

figlio di soli raggianti,

 

nella fertile terra madre d’ogni vita.

 

E lo farò con quelle mani tese

 

nel gesto di avere briciole di tempo,

 

in un sinuoso cammino d’albe antiche,

 

lontane orme tra il Tigri e l’Eufrate.

 

 

 

MIA OMBRA

 

Il pianto ha stuprato la città

 

e tu vaghi indistinta con la mia anima,

 

ombra, ti aspettavo, come sempre,

 

per inseguire la tua lunga scia oscura,

 

riverbero di nero, lacrima e lamento,

 

perduto sogno sepolto negli abissi dell’infinito.

 

Ho camminato per lunghe ere

 

con la tua presenza al mio fianco,

 

compagna di ore fameliche a divorare il nulla

 

e adesso che il gelido vento,

 

tristemente, scuote alberi e cuori,

 

scorgo un bagliore incombente rischiarare il cielo,

 

un’alba vicina che riscopre gli orrori del mondo,

 

delicatezze violate,

 

tenui respiri nel silenzio,

 

ho ancora desiderio di te, mia ombra!

 

 

 

 

CANDELABRI DI FOLLIA

 

Quella notte il vento trascinò i respiri

 

fino alle mura d’un’abbazia solenne

 

ombre nella danza d’un crepuscolo di ghiaccio,

 

occhi smarriti fra lagune silenti

 

e l’anima tace come lapide in oblio,

 

nel sussurro senza tempo

 

che trafigge rosoni sventrati

 

un mistico canto di rovi,

 

tremula luce di candelabri di follia.

 

 

 

SULLA SCIA DELL’AURORA

 

Rosa purpurea, gelido fiore

 

petalo di cristallo, profumo di cera.

 

Gocce di linfa tra le mani impotenti

 

carezze sopite nell’attesa d’un bacio

 

che schiuda corolle e riverberi antichi.

 

È danza di luci, sculture d’ombre,

 

occhi che seducono

 

nella seta di notti struggenti.

 

Presenze indefinite,

 

creature d’altri mondi,

 

giungono stupite nel cuore

 

tra fumo e vapore,

 

tra sogni e speranze.

 

Gemme di fuoco attraversano il silenzio

 

regalando una pioggia di miele e d’ambra,

 

geme l’anima nel risveglio inatteso

 

scivolando lenta sulla scia dell’aurora.

 

 

 

ATLANTIDE NEL CIELO

 

Ma chi ti sommerse negli oceani

 

se tu risplendi tra le nubi dei giorni

 

coi leggiadri giardini sospesi nel vento?

 

Genitrice di splendide passioni,

 

perla pagana tra spezie stregate

 

oro che riluce nell’oscurità del tempo,

 

mito nel mito, leggenda errante,

 

scomodo sogno di chi ti volle continente perduto.

 

 

 

OMBRA DELLA VITA

 

Silenzio,

 

spazio circonciso,

 

elastico fluttuare,

 

un nulla dei sensi,

 

un vuoto sadico,

 

un respiro lento di notti insonni

 

e giorni come vele perdute,

 

in un mare stanco, ferito, livido,

 

mi sorprendo ancora ombra della vita.

 

 

 

 

QUANDO TU DORMI

 

Quando tu dormi sdraiata al mio fianco, amor mio,

 

sei il sogno che aleggia,

 

il vapore sulfureo d’un mondo ignoto,

 

tu sei scrigno di magie e misteri.

 

Ed io che, come poeta, sbircio nel tuo respiro

 

rubando il tesoro silenzioso di quel dolce sonno.

 

 

 

FIGLIA DEL VENTO

 

Lei è nata sulle rive del Sindh

 

aveva lunghi capelli neri,

 

sua madre la lavò nel fiume

 

suo padre le cantò una canzone tribale.

 

È nata mentre arrivava l’inverno

 

le capanne erano fredde,

 

crescendo ha teso la mano, la sua voce voleva parlare

 

ma la gente volgeva lo sguardo altrove.

 

Ha camminato a piedi scalzi

 

e ballato sotto la luce del sole

 

mentre i violini sembravano piangere in musica,

 

e i vecchi del campo narravano misteriose leggende.

 

L’hanno vista fare l’amore sulla terra nuda

 

parlare agli animali

 

sfogliare i petali d’un fiore

 

giocare prendendo per mano i bambini del campo.

 

Lei leggeva il destino

 

vedeva l’anima riflessa negli occhi

 

poi in silenzio

 

riprendeva il suo cammino.

 

È una ROM figlia del vento

 

la sua strada è lunga e faticosa

 

ma è libera e felice di essere quel che è:

 

la vita è andare verso dove non sai.

 

 

 

BAMBINO SEMPRE

 

Mi hai chiuso gli occhi

 

che avevo avuto in dono

 

per farne pianto

 

ai confini dell’aurora.

 

S’è fatta sera

 

senza ch’io vedessi giorno

 

incatenato al limbo

 

e nudo di carezze.

 

Ti ho reso il cuore

 

che non ha mai ricevuto amore

 

sfogliando petali

 

agli angoli del sogno.

 

Non più domani

 

per noi che abbiamo ali

 

recise in volo

 

verso il paradiso.

 

Pensami stella,

 

stanotte veglierò in silenzio,

 

bambino sempre

 

per mano del destino.

 

 

L’ANGELO NERO

 

L’angelo nero è tornato

 

a bussare alla mia porta.

 

È entrato

 

senza che me ne accorgessi.

 

Nel silenzio assoluto

 

dei suoi passi inesistenti,

 

mi avvolge nel suo manto

 

fatto di fumo e di tenebre.

 

Muta creatura

 

della notte più buia,

 

mi hai preso

 

senza che un lamento

 

venisse fuori dalle mie labbra gelide,

 

bianche come la cera.

 

Ora sono anch’io una creatura della notte

 

una sorta di vampiro

 

assetato di vita, assuefatto di morte,

 

faccio parte del tuo mondo allucinante.

 

Voglio solo fuggire via, nell’oscurità,

 

spiegare le mie ali di pipistrello

 

e volare lontano

 

nella notte che adesso sento d’amare.

 

Fuori il fiume sta scorrendo,

 

dentro il fuoco non si spegne

 

mai un momento,

 

ed io come ti sento, io ti sento!

 

E tu, angelo nero,

 

ormai vivi nell’oscurità della mia anima

 

come una candela accesa

 

che va spegnendosi lentamente

 

ma che non si consuma.

 

 

 

 

BIMBA

 

Quella notte,

 

avvolta in una nuvola calda,

 

una pallida luce nei tuoi occhi

 

sussurrava mille parole,

 

nascondeva mille segreti.

 

Ti guardavo,

 

ascoltavo il tuo respiro,

 

sentivo i tuoi pensieri scivolare nel regno delle ombre.

 

Avrei voluto seguirti anche lì

 

per proteggerti nel sonno,

 

tenerti per mano,

 

baciare i tuoi piedi,

 

stringerti,

 

ascoltare battere il tuo cuore.

 

Ma sono rimasto immobile a guardare il tuo viso.

 

Angelo che socchiudi gli occhi,

 

nell’istante in cui abbassi le palpebre,

 

porta nei tuoi sogni

 

il mio ultimo sorriso per te.

 

Il tuo viso

 

si distendeva dolce come non mai

 

mentre la mia mano scivolava leggera

 

donandoti sulla guancia l’ultima carezza.

 

Dormi bimba mia, ti sussurravo piano

 

per non svegliarti,

 

e vicino a te provavo a chiudere gli occhi anch’io

 

come fossi di colpo tornato bambino nella culla,

 

e insieme attendevamo la nuova alba

 

mentre nel soffitto, anche quella notte,

 

brillavano miriadi di stelle.

 

 

 

MIA DOLCE REGINA

 

Non avrai mai più il suo sorriso

 

immobile è l’immagine nei tuoi occhi,

 

il regista ha chiuso il sipario

 

straziante fine di una lunga sofferenza.

 

Mia dolce regina, di questo teatro

 

ascolta gli applausi della platea,

 

il sentito ringraziamento

 

per un’esibizione mai stata così vera.

 

Ora che sei più leggera dell’aria,

 

non aver paura di volare,

 

perché non potrai mai più cadere.

 

Lentamente abbandoni te stessa

 

e, in un istante lungo una vita,

 

rivedi tutto ciò che è stato

 

e che mai più sarà.

 

Invano tengo stretta la tua mano

 

mentre le lacrime mi solcano il viso,

 

tu sei già in paradiso.

 

Sento ogni giorno la tua mancanza,

 

ma mi basta alzare gli occhi al cielo

 

e guardare il sole,

 

ogni suo raggio mi porta il tuo sorriso.

 

 

 

 

SILENZI

 

Suonano rintocchi nella mia mente

 

fragili oasi di rimembranze lontane

 

sentieri e odori, ombre e querceti

 

divine corse infantili.

 

Di te tutto mi parla,

 

sei come il vento

 

l’aria

 

il dolce canto d’uno scricciolo,

 

e dipingo la mia anima di ricordi,

 

il mio pensiero cerca improbabili fughe.

 

L’eco dei tuoi silenzi

 

annebbia ogni attimo, ogni vuoto.

 

Dove sei impalpabile luce

 

che perenne mi perdo a cercar?

 

 

 

 

 

SULLE ALI DELLA FANTASIA

 

Per tutta la vita ti ho cercata

 

graziosa adolescente io ti ho sognata

 

e nel mio cuor già dipinti

 

v’erano i tuoi quadri pieni di colori e fantasia.

 

E un bel giorno di primavera

 

la tua voce lontana l’ho sentita vicina

 

mia dolce principessina,

 

finalmente hai trovato il tuo amato principe.

 

Nel tuo mondo fantastico sono entrato con te

 

rivivendo le fiabe nei tuoi quadri dipinte

 

rifugiati insieme come creature senza tempo.

 

Abbiamo viaggiato nel cielo ricco di luci e colori

 

accarezzati dal sole e cullati dal vento,

 

abbiamo cavalcato vicini le ali della fantasia.

 

In quel mondo bambino tutto brillava

 

ed era trasparente, ed era luminoso

 

e come nelle fiabe tutto era possibile.

 

 

 

 

QUANDO I NOSTRI SOGNI DIVENTERANNO AMORE

 

Mi lascerò trascinare dal vento

 

ascoltando la dolce melodia dei gabbiani,

 

diventerò leggero come una piuma

 

e navigando tra oceani di nuvole, ti ricorderò.

 

Con la punta delle dita sfiorerò le stelle,

 

e mi nutrirò della loro luce,

 

danzando tra magiche aurore.

 

Volerò come un angelo immortale

 

e a cavallo di una stella cometa,

 

giungerò sino in fondo al tuo cuore.

 

Sfiorando leggermente le nostre labbra,

 

ci guarderemo ancora una volta,

 

ed esalando il nostro ultimo respiro,

 

ci baceremo all’infinito

 

trasformandoci in polvere di stelle.

 

E ci rivedremo in un’altra vita,

 

quando saremo tutti e due sogni

 

o quando i nostri sogni diventeranno amore.

 

 

 

 

 

OBLIO DI SENTIMENTI

 

Fra le tenebre di questo mondo

 

stolti e scellerati ansimano

 

per il dominio di se stessi

 

e la soppressione degli altri.

 

Ma in quest’oceano di maledetti,

 

magnifica la natura

 

mi ha concesso l’immensità dei tempi,

 

l’infinita profondità degli spazi,

 

la tua divina esistenza

 

che sola mi aggrada e mi conforta

 

in quest’oblio di sentimenti.

 

 

 

 

IL RISVEGLIO

 

Tu che sei nato in estate

 

quando la terra è gravida

 

e l’aria è satura di fragranze e sapori,

 

di colori vivi e di luce accecante,

 

forse non ami l’autunno.

 

Gli uccelli migrano lontano

 

lasciando la terra desolata

 

a ricordare nel sopraggiunto silenzio

 

l’eco delle loro grida nel cielo.

 

La luce del sole è ormai timida nel comparire,

 

le nuvole nella notte trasformano la luna piena

 

in un riflesso opaco.

 

Ombre scure hanno preso il posto delle case

 

ed hanno contorni indefiniti e tremanti.

 

L’anima del mondo si è incarnata altrove

 

e tu ne erediti le spoglie.

 

Eppure,

 

se riuscirai a soffermarti per un istante fra i rami spogli,

 

ad ascoltare il vento che spazza via le foglie morte,

 

a lasciarti accarezzare dalla pioggia sottile che rigenera i solchi,

 

ad amare questa terra nuda e fredda

 

attraverso le tenebre che l’avvolgono,

 

ti accorgeresti di un respiro sommesso,

 

del battito lieve di un cuore che sta riposando.

 

E se saprai attendere paziente il risveglio,

 

allora, avrai per te una terra vergine da fecondare

 

e fiori e frutti riempiranno le tue mani,

 

e nei tuoi occhi brillerà la luce

 

d’un giorno senza tramonto.

 

E udirai nuovi sussurri, nuove grida che avranno il tuo nome

 

e stormi di uccelli che si libereranno per te soltanto

 

imbastendo danze d’amore

 

sulle note di una musica scritta per te

 

dalle acque dei ruscelli.

 

Ed il vento ti porterà in un viaggio senza fine

 

accarezzando il tuo sorriso perché non svanisca,

 

il sole penetrerà le tue membra

 

per infondere calore e forza

 

e sarai stordito di profumi inebrianti

 

che rapiranno i tuoi sensi fino a confonderli.

 

Allora,

 

e solo allora, mi incontrerai di nuovo

 

e guardandomi, non mi riconoscerai.

 

 

 

 

 

IL TUO ANGELO BAMBINO

 

In segreto,

 

un amore ti dorme accanto,

 

muto e invisibile,

 

ha soltanto occhi per guardarti

 

e mani che non possono stringerti.

 

Della sua malinconia non ti accorgi

 

quando lo guardi e non lo vedi,

 

quando lo accarezzi e non lo senti.

 

Come un fantasmino si aggira per la stanza

 

urla a volte per destarti dal sonno ma invano

 

e poi di nuovo tace

 

vinto dalla tua indifferenza

 

più solo e più piccolo di prima.

 

 

 

 

L’ABISSO

 

Ho spiato l’abisso dell’anima mia

 

spalancando gli occhi incredulo

 

a quel buio senza fine, senza luce.

 

Ho teso la mano

 

a toccare il fondo

 

dove frammenti vagano

 

in cerca di pace.

 

Un dolore profondo a fiotti

 

come magma infuocato

 

travolge ogni cosa.

 

Ferite aperte

 

mai rimarginate

 

ormai senza più riposo

 

anelano carezze.

 

I miei occhi impotenti

 

ora scrutano tutto il mio dolore,

 

nel buio piangono lacrime

 

che brillano di sole.

 

 

 

SPREMI IL MIO SUCCO

 

Spremi il mio succo ragazza!

 

spremi tutta la vigna

 

e beviamo sino ad esserne ebbri

 

che anch’io sono pazzo di te

 

e di nuovo ardo di febbre.

 

Spremine ancora e ancora

 

e riempi la coppa proibita

 

per brindare sorella all’aurora

 

splendida amante della vita.

 

 

 

 

 

ERA UN GIOCO

 

Le rincorse sui prati

 

quell’acchiapparci

 

per finire lottando fra l’erba

 

… era un gioco.

 

Era un gioco

 

il mio corpo sul tuo

 

e trattenerti vinta per terra,

 

posarti la testa sul seno

 

aspettando che il respiro

 

tornasse leggero

 

… era un gioco.

 

Era un gioco

 

la prigionia contro i sassi

 

del muretto tra i rovi,

 

il tuo viso offerto nel sole

 

la dolce schermaglia dei fianchi

 

… era un gioco.

 

Ma quel gesto in più,

 

la mia incontrollata reazione,

 

la follia che ci prese

 

e che ci sconvolse la vita,

 

era un gioco dal quale

 

non abbiamo più fatto ritorno.

 

 

 

 

 

MEDUSA

 

Chioma di Medusa

 

ha i suoi tentacoli stesi sul letto.

 

Salice piangente

 

sul colle d’illusioni,

 

la luce dell’alba l’accende

 

fonde le fronde col cielo infuocato,

 

disegna l’ombra e il profilo

 

amaro e sommesso … dolce e sottile …

 

… fiero e slanciato.

 

Occhi penetranti come fari di luce,

 

inestinguibili fonti di vita,

 

pozzi profondi, impercepibile essenza

 

dolce presagio di un amaro futuro

 

prova incombente di vita e di morte.

 

 

 

 

 

ANIME GITANE

 

Abitano una terra di confine

 

piccole Charlot in blue jeans,

 

crisalidi incantate,

 

figlie di Veneri avare e rinnegate.

 

Hanno sguardi intensi e fuggevoli

 

e corpi sprofondati nei maglioni,

 

a proteggere anime gitane senza casa.

 

Vivono il sogno sospeso

 

di adolescenti cresciute

 

e di donne mai trovate,

 

cercando in un volto lo specchio

 

che rifletta quella parte di esse perduta.

 

 

 

 

 

STELLA DEL MATTINO

 

Bentornata stella del mattino

 

ancora dai miei occhi sgorga pianto:

 

che giorno è questo in cui tu dormi ignara,

 

mentre io già veglio sui miei fantasmi antichi?

 

Ti sveglierà l’odore del bosco

 

e il lento dischiudersi di altri baci.

 

Avrai suoni e colori anche per oggi.

 

Io, soltanto la tristezza.

 

 

 

 

ASCOLTA

 

Per quel che vale anche tu ascolta

 

non riesco a sbiadire il volto

 

disegnato nella mappa della memoria,

 

contorno scuro

 

chioma di inchiostro e di seta.

 

La tua voce rauca richiama

 

lacrime come di rime sparse.

 

E ti posseggo solo

 

con parole che ripeto

 

magia di nenia o canto,

 

voce che si incunea

 

fra i lacci della vita,

 

su ciglia chiuse.

 

Dimmi: sei una donna o una strega?

 

le tue labbra dolce pretesto,

 

nei tuoi occhi la magia:

 

una bugia!

 

La tua malizia mi accende

 

il corpo mi rendi

 

e l’anima vendi.

 

Io ti seguirò

 

annientandomi,

 

fino a frantumarmi nella tua follia.

 

 

 

 

 

PASSIONI FRA DONNE

 

Danziamo molto vicine

 

ma non ci tocchiamo,

 

una specie di intimità sessuale ben presto

 

ci costringe a usare le mani.

 

La notte è calata su noi

 

ma la musica ci riempie di energia,

 

è eccitante spingerti su me,

 

adoro sentirti mia.

 

Bere dalla tua bocca

 

ha un significato purificante per la mia arte,

 

è così inebriante il tuo odore,

 

sai che hai la voce sensuale.

 

Sei divina, così aggressivamente tenera,

 

farò di tutto per raggiungerti in quella sfera magica

 

delle nostre menti che non sanno spegnersi

 

nemmeno quando il corpo sa di anima.

 

Perdonami se non ho parole

 

per dirti quanto ci tengo alla luce

 

che vedo nei tuoi occhi,

 

siamo in pochi

 

ad averla ancora.

 

Stringimi, baciami, mordimi, abbracciami!

 

Non voglio restare sola

 

ora che tu con un sorriso

 

cacci via ogni malinconia.

 

Non posso che cercare

 

di fare del tutto per renderti mia

 

perché sei splendida, splendida, splendida

 

così come sei.

 

 

 

 

 

L’ANTIMATERIA DEL CUORE

 

La persistenza del cuore,

 

vorrei che questa cenere

 

ti desse il segno che tu non sai.

 

Ali di farfalla nella notte,

 

il viaggio senza fine,

 

il tuo profondo desiderio della terra australe.

 

Siamo noi il confine, l’antinomia,

 

il duro esserci per inerzia.

 

La materia opaca del corpo

 

per desolare il desiderio,

 

solo gli occhi con un cenno vanno oltre.

 

E mi dicono gli insonni spiriti dei luoghi siderali

 

che nelle lacrime di Orione c’è l’amore ignoto

 

come quando sul pontile ti chiesi un bacio che mi desti

 

ma te lo vidi poi chiudere in cassaforte

 

come un gioiello di antenati.

 

Ma sconosco la chiave

 

che gira a vuoto per questo silenzio di galassie

 

sparse nel cosmo vagabonde,

 

sento che l’antimateria del cuore

 

è labile cometa

 

visibile nella sua traccia di contigua assenza.

 

 

 

 

PAGLIACCETTO AZZURRO

 

Leggevo tempo fa

 

le tue poesie,

 

piccolo arcobaleno ribelle,

 

scheggia di sorriso

 

e di follia,

 

fra la stanchezza generale

 

che invade la gente.

 

E mentre sfogliavo le tue pagine,

 

ti vedevo

 

pagliaccetto azzurro

 

saltellare fra la rugiada,

 

nei fiori giocare,

 

coi fili d’erba

 

burlati dal sole,

 

amare la notte,

 

e poi morire

 

in un’autostrada di parole.

 

Quanta tenerezza mi susciti!

 

il mio mondo alla tua età

 

era così simile.

 

Vorrei dirti pagliaccetto azzurro

 

non smettere mai di sognare

 

ma non sarebbe giusto, ti farei del male.

 

Siamo rimasti entrambi su una giostra di colori

 

forse non riusciremo mai ad imparare a vivere.

 

 

 

 

AL DI LÀ DELLA SIEPE

 

Odore di foglie di menta

 

bagnate in una notte estiva

 

circondate dalle lucciole

 

nel giardino della mia infanzia.

 

Ascolto,

 

a testa in giù come un acrobata,

 

l’eco delle tue parole

 

incontrare i miei pensieri,

 

sottile momento di comunione

 

al di là della siepe.

 

 

 

 

IL MIO DELIRIO

 

Cosa vedo,

 

dai miei occhi trapela solo pensiero,

 

solo erosione che non mi appartiene,

 

amore che sfugge al mio delirio,

 

passione che arde

 

nell’oscurità dei miei giorni.

 

Vedo potenti fiamme bruciare una casa

 

eppure non è per me

 

il chiarore che giunge alla mia vista,

 

devo lasciare che bruci sola

 

senza poterla salvare,

 

però dentro di me un vortice di sensazioni

 

scuote la mia mente.

 

Il mio corpo vibra in una danza impazzita,

 

si agita,

 

è rovente,

 

vuole amore,

 

ma dove cerco, non trovo nulla,

 

solo gelido inverno.

 

Mi trapassa,

 

mi gira intorno,

 

mi lascia ferite sul corpo,

 

mi dà dolore.

 

Ora un fuoco riscalda la mia pelle,

 

toglie l’antica solitudine,

 

eccita i miei sensi,

 

dà pienezza alla mia anima

 

e mi libera da lei.

 

 

 

MAGICA NOTTE

 

Mi giungi nell’anima, magica notte!

 

che hai ridato il sorriso al mio volto,

 

uno sguardo ai miei occhi.

 

Ho incontrato i tuoi, unici

 

perfette lagune di sogni

 

e tutto il mio corpo vibra

 

attendendo di immergersi ancora in essi.

 

E respirare la tua aria

 

assaporare la tua vita

 

sarebbe il sogno a cui la mia anima

 

vorrebbe aggrapparsi

 

per far divenire tutto

 

calda estasi.

 

Tu magica nella tua perfezione di donna,

 

nelle tue dolci labbra

 

sulle quali vorrei morire

 

lasciando i miei sensi in delirio.

 

Tu o notte,

 

ipnotica visione

 

che non voglio dimenticare

 

lasciami il tuo ricordo,

 

un tuo momento.

 

Tenderò le braccia a te

 

anima che delicatamente ti scopri a me.

 

Ti toccherò con la mia,

 

ti avvolgerò con il mio amore,

 

ti darò pressante passione,

 

ti offrirò tutto me stesso,

 

il mio delirio per te.

 

 

 

 

AQUILA DALLE GRANDI ALI

 

Salti per il mondo

 

e in cima in un attimo ti ritrovi,

 

da quell’altezza sei tu la padrona,

 

niente potrà più fermarti.

 

Aquila dalle grandi ali

 

ti stagli di profilo,

 

i tuoi occhi

 

puntano la preda.

 

Cosa ricordi di te stessa?

 

forse il fiore che ti generò,

 

il respiro del fuoco,

 

l’aria aperta.

 

A chi somiglia?

 

della natura sei complice

 

bocca bellissima.

 

Non avrò timori,

 

il sentiero è dritto

 

e la ghiaia bianca.

 

L’erba che raccoglierai

 

sul ciglio ti basterà

 

e gli anni futuri

 

ti vedranno fiera

 

in cima alla montagna.

 

Ed io saprò dove cercarti:

 

nel tuo nido.

 

 

 

 

ESTASI LUNARE

 

Vedo l’inviolabile notte implorare,

 

mi muoverò lentamente in un arido silenzio

 

come un gatto protetto dalla sua torpidezza,

 

cullerò un’infinità di rumori e di fumo

 

e a stento la notte ritroverà la sua pace.

 

Vedo un lucente angelo esanime,

 

infido torcerò gemme colorate

 

e vagherò nudo, tedioso e inerte

 

tra i docili fremiti degli antri di donna

 

e a stento l’angelo ritroverà la sua forza.

 

Vedo un’incantevole regina piangere,

 

rifiorirò tra le grinfie dell’amore e della vita

 

nel perduto e meraviglioso oblio rosso

 

sussurrando poesie tra le spire d’una stella

 

e a stento la regina ritroverà il suo sorriso.

 

Vedo una bambina perdere la sua infanzia,

 

insidierò ancora l’umidità delle tentazioni,

 

eviterò l’abbaglio dei cristalli

 

cancellando anche il sapore della nebbia

 

e a stento la bambina ritroverà il suo gioco.

 

Ma nel solenne splendore delle mie visioni

 

della notte, dell’angelo, della regina

 

e persino dell’innocente bambina,

 

attenuerò il lacerante taglio dei ricordi

 

e danzerò nell’estasi lunare.

 

 

 

 

ADOLESCENTE LUNA

 

Erano brevi attimi di buio

 

interrotti da labbra di neve,

 

addolciti da profumi d’incenso

 

e deliziose manie.

 

Era l’estate appagante

 

nella sua rossa solitudine

 

assordante di rumori al sapore di grano.

 

Ti adoravo mia adolescente luna,

 

disegnandoti sul mio diario segreto

 

illuminavi i miei giorni confusi, le notturne paure,

 

e le memorie ancora acerbe prendevano forza

 

in una danza eclettica di ondeggianti stelle.

 

Eri mia, lunghi fianchi sinuosi

 

distesi su letti d’argento,

 

e lì riappariva il mare nella sua immensa distesa.

 

Oggi che i miei giorni si consumano di vecchiaia,

 

sei ancora mia

 

attraverso rughe di arrugginite memorie.

 

 

 

 

 

CREATURE SAFFICHE

 

Svelatemi

 

o Numi del cielo

 

o amabile Venere

 

o chiunque abbia creato l’Eros,

 

svelatemi vi scongiuro

 

l’arcano mistero di costoro:

 

son giovanissime dee puttane

 

e dolci figlie di Saffo?

 

Ninfette in amore,

 

amabili creature saffiche

 

con i loro giovani corpi nudi

 

attorcigliati e avvinghiati uno sull’altro

 

fino a formarne un solo.

 

Anima nell’anima

 

respiro nel respiro

 

fiamme di paradiso.

 

Acerbi potentissimi sensi

 

scambiatevi lancinanti effusioni,

 

esplodete di malizia e innocenza.

 

Brividi, sussulti e fremiti

 

son lugubri rintocchi di messa funebre,

 

orgasmi, orgasmi e orgasmi

 

rosari sussurrati nel silenzio della chiesa.

 

Grazie potente Zeus

 

grazie divinità tutte dell’Olimpo

 

per avermi donato occhi

 

che possono ammirare

 

così celestiale visione.

 

Perdonami Dio della bontà e della purezza

 

ma io non so rinunciare

 

alla tentazione di quei corpi.

 

 

 

 

 

CHE BELLA SEI

 

Scorre la pioggia su di noi,

 

che bella sei!

 

sembri un cucciolo

 

infreddolito, stretto nelle tue spalle.

 

È bello il rumore

 

dell’acqua sull’asfalto tra pozzanghere di specchi

 

e aghi di pioggia che cadono giù.

 

È dolce sentire

 

il tuo corpo umido

 

contro il mio, bere dalle tue labbra.

 

Vedere i tuoi capelli gocciolare

 

arruffati selvaggiamente

 

stupendi nel loro disordine.

 

Che bella sei!

 

troppo bella per essere tangibile,

 

per essere mia.

 

Sento che sei parte di un sogno

 

ed ho paura di svegliarmi,

 

vorrei morire dormendo

 

con te al mio fianco.

 

 

 

 

 

IL RESPIRO LENTO DELLA FINE

 

E odo soltanto

 

l’impercettibile canto delle farfalle

 

quelle ebbre di vita nel loro ultimo giorno.

 

Il respiro lento della fine

 

ancor più mi strazia le carni,

 

mi indica il sentiero.

 

Una spirale di nebbia mi avvolge,

 

i rovi fermano i miei passi,

 

in lontananza un pallido sole

 

allunga le ombre dei cipressi

 

che come antichi guardiani scandiscono il mio tempo

 

con le loro lance sugli scudi di bronzo.

 

 

 

 

 

L’EFEBO NELL’ANTICA GRECIA

 

Che splendor mio grazioso giovinetto

 

quasi femmineo puro tutto ben curato

 

sii pronto su è giunta l’ora

 

d’esser da viril uom sodomizzato.

 

Oh si è bello è natural

 

e l’accoppiamento sai è gran giusta cosa

 

eroe e signor diman anche tu sarai

 

assai degno di fedele sposa.

 

Che aperte menti pensatrici

 

avean quei greci valorosi!

 

oggi mamma mia che tabù sarebbe

 

s’aprirebber celle per ricchi e per morosi.

 

Come corri in fretta pazza civiltà

 

c’è internét altro che lontan caverne

 

siam del progresso già tutti robots

 

e al natural piacer addio senza più goderne.

 

Così Sant’Uomini col mal dentro Sé stessi

 

san trovarlo ovunque persin dove non sta

 

e ciò che con durezza sono pronti a condannar

 

in segreto è praticato in Lor Sacra Autorità.

 

 

 

 

IO L’HO VISTA

 

Io l’ho vista

 

quand’ero ancora adolescente e mi sentivo solo

 

in un freddo pomeriggio d’inverno,

 

nel silenzio,

 

in quella grotta buia coperta da fronde.

 

L’ho vista

 

nella sua nudità d’angelo

 

librarsi in volo con le sue ali dorate,

 

mi ha parlato

 

con la sua voce dolce e suadente.

 

L’ho vista, lo giuro!

 

anche se nessuno mi vuol credere,

 

mi ha detto di non svelare il suo segreto

 

che da allora è anche il mio.

 

Nella notte delle stelle cadenti

 

sono tornato nel punto dove mi è apparsa

 

ma non ho veduto più nulla

 

silenzio assoluto anche del vento,

 

ma una luce brillante si è accesa

 

subito dopo che sono andato via.

 

Da allora la Madonna non ha mai smesso

 

di comunicare con me proteggendomi e guidandomi.

 

 

 

 

IL CLOWN

 

Se in questa vita proprio devo fingere

 

voglio essere un clown

 

un trasformista multicolore

 

che diverte il mondo scherzando di sé.

 

Voglio essere l’arcano numero zero,

 

l’amico dei bambini,

 

il nano di corte, il giullare, il folletto.

 

Voglio essere il folle saltimbanco

 

che entra in scena,

 

che rompe gli schemi,

 

che fa ridere i cuori,

 

che sa indossare sulla guancia dipinta

 

una lacrima vera camuffata per finta.

 

Sarò triste come Pierrot

 

o forse allegro come Arlecchino,

 

non so neanch’io quello che diventerò.

 

 

 

 

 

LETTERA AD UN AMORE LONTANO

 

Messina 16-12-1989

 

È quasi Natale ormai ma non è più festa per me,

 

ogni giorno è uguale all’altro.

 

Io lo so che in paradiso

 

non si può vivere per sempre,

 

ma nei tuoi occhi l’infinito

 

libera la mia mente,

 

se potessi io ti raggiungerei dovunque.

 

Sei tu

 

che mi fai sognare, ridere, impazzire.

 

Sei tu

 

che mi dai il coraggio di ricominciare.

 

Con te

 

ci sarà ancora tutto da scoprire

 

ed io so già

 

che la mia vita cambierà colore.

 

Ma tutto ormai appartiene al passato

 

e sembra non avere futuro.

 

Oggi cammino da solo per le strade ricche di addobbi natalizi

 

straniero anche per me stesso con la sola compagnia di lacrime che sanno di sale,

 

non so dove vado né se sto vivendo.

 

Mi sono guardato riflesso allo specchio

 

la barba lunga, i capelli arruffati

 

io sono cambiato sai

 

ma si è abbruttito pure il tempo, non si vede più il sole.

 

Quando l’aria si trasforma all’improvviso

 

e la tramontana sale,

 

è il mio cuore che mi chiede dove sei

 

e proprio in quei momenti tristi,

 

mi rendo conto che lunghe distanze

 

ormai mi separano da te.

 

Una sottile crescente malinconia

 

allora mi prende sempre più

 

e sembra che mi arrivi da lontano il calore della tua pelle,

 

mi par di sentire il suono della tua voce,

 

il ritmo regolare dei tuoi respiri sul mio petto.

 

E mi lascio andare così

 

alla dolce melodia di questi pensieri

 

e dentro di me fra mille paure

 

conservo ancora il tuo fuoco.

 

Giuliana, io darei qualunque cosa per rivederti un solo istante,

 

mi chiedo se è lo stesso anche per te.

 

 

Con amore, tuo Claudio

 

 

 

 

 

SOLO NEL CIMITERO DEI VIVENTI

 

Solo,

 

insieme a mitiche creature,

 

mi cullo su un filo di ragnatela.

 

Navigo nel mondo

 

su di una zattera fatta di sogni,

 

le mie vele idee immorali,

 

i miei remi i miei peccati.

 

Solo,

 

con arti di plastica

 

che sfiorano il mio corpo,

 

lo scuotono in convulsi balli tribali,

 

in un vortice nero perdo me stesso

 

per ritrovarmi vuoto

 

senz’anima.

 

Solo,

 

sotto la pallida luce

 

di una sterile luna invernale,

 

vago per il cimitero dei viventi

 

che chiamo casa.

 

Solo,

 

attraverso la linea di confine,

 

unico superstite di un’era di scintille e ferro,

 

passo al di là dello specchio.

 

Le mie orme si confondono con quelle del mio clone

 

nell’arido deserto dell’Ade.

 

 

 

 

ACROBATI

 

Emozioni sul trapezio della vita,

 

equilibri instabili di cuori in bilico,

 

questo è il nostro destino,

 

essere acrobati

 

rappresentare ogni giorno noi stessi

 

ora guitti, ora attori dai mille volti,

 

capaci sempre di carpire l’ultimo applauso,

 

sempre pronti a giocare con il fato.

 

Nella notte offriremo lo spettacolo più bello,

 

saliremo sul ciglio della luna,

 

saremo giocolieri delle stelle,

 

cammineremo in punta di piedi nei sogni dei bambini

 

e strapperemo loro lo stupore più innocente,

 

salteremo di cuore in cuore.

 

Questa è la nostra forza,

 

questa è la nostra scelta:

 

essere equilibristi di noi stessi.

 

 

 

 

 

I SEGRETI DELLA LUNA

 

Per ore lunghe e lievi

 

ho scrutato i segreti della luna,

 

e senza accorgermi,

 

una notte dietro l’altra,

 

ho cercato una forma di vita

 

sul suo pallido volto

 

per colmare questo purpureo calice

 

ancor vuoto.

 

È vero,

 

eterni sentimenti ci uniscono,

 

e come lupo in fuga,

 

orfano d’eteree rimembranze,

 

tendo le mani e la ricerca

 

nel mezzo dei suoi argentei fili,

 

chioma di madre celeste.

 

Non sogni o fatue visioni,

 

non amori o delitti,

 

non tormento o quiete

 

a cui abbandonarsi

 

finché lei resta lassù

 

con il capo chino

 

sulle mie mani aperte.

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CLAUDIO CISCO ED IL SUO MODO DI SCRIVERE IN INTERNETultima modifica: 2018-04-11T23:21:06+02:00da ciscoclaudio
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